Giravo lo sguardo verso l'ennesimo tramonto. Per me non e' mai tale, sembra come se fosse sempre diverso da quello precedente. Una prima che non ammette replica, o perlomeno non con la stessa sceneggiatura. Osservo come la vita si traccia, diversa, sotto questa luce, come se la consapevolezza della notte rallentasse la frenesia della giornata. Si torna a casa, lentamente, e qualcuno si ferma ingenuamente: si volta, vede il cielo color arancio dalle sfumature bluastre e ritorna sul suo passo, imperterrito. Non sa o forse non vede. In quei momenti penso a tutto quello che posseggo nella vita, tutto ciò che attraverso l'osservazione e la logica fa costruire un pensiero, esprimere un concetto o raccontare una storia. La possessione di queste cose trascende da quelle materiali, da quelle che, ognuno, con un gruzzoletto può avere. Sono cose che ti appartengono e possono crescere, maturare ed evolvere. Emozionarsi davanti ad alcuni avvenimenti, banali per alcuni, e' una cosa che mi e' sempre appartenuta e che pochi riescono a comprendere, troppo impegnati agli stimoli del momento che a quelli dell'anima.
Seguo la strada non perdendo di vista la linea che divide terra e cielo, quella parte in cui confluisce tutta la luce. Quella parte che, ad ogni mio passo, cambia tonalità diventando sempre più calda e spingendo i colori a divenire sempre più iridescenti. Un compluvio di rossi, passando dai più timidi a quelli più decisi, quasi violenti. La luce si fa tenue e piano scompare ai miei occhi, che fermo ammiro il cambiamento, quasi senza accorgermi dei rumori dei passi e delle parole di chi mi circonda. Isolato. Resto a guardare il lento movimento del sole che impercettibilmente cala, mi sembra fermo e fissa me che sono li, silente. Gli ultimi raggi di sole rendono d'oro la terra che vedo in lontananza, mentre in alto il blu placido della notte scende, portandosi indietro qualche stella. I colori, per l'ennesima volta, cambiano e la luce che ormai e' quasi assente, viene svilita da qualche lampione che, qua e la, s'accende. Non cambia l'essenza il disturbo artificiale, non cambia l'emozione che provo a cotanto spettacolo. Qualcuno avrebbe impugnato la macchina fotografica e scattato una foto, immaginando il risultato, dimenticandosi il senso del quotidiano avvenimento. Avrebbe mostrato il capolavoro che aveva colto, guadagnando consensi. Nessuno avrebbe capito il motivo. Penso che sia quasi impossibile imprimere, in quel momento, il silenzio e il flusso di pensieri che quei colori provocano, quella tranquillità respirabile soltanto in quell'istante. Sarebbe, solo, stato un altro modo di non osservarlo, di non sentirlo e di non raccontarlo. Solo un altro modo d'ignorarlo.