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8 novembre 2012

Una storia. La mia.




Questa “cosa” doveva essere inviata (in tempo) ad un concorso che si faceva qui intorno.  Ma (voi lettori) conoscendo l’autore sapete che (come al solito) se ne è ricordato in ritardo.

Sapeva una cosa: aveva trovato qualcosa di unico.  Un tesoro che solo lui avrebbe apprezzato; non perché altri non erano stati capaci di vederlo ma solo perché ognuno non gli aveva dato il giusto valore. Passo dopo passo pensava alle cose dolci successe nella serata. Alle risate, ai gesti timidi, agli sguardi intensi e allo stare abbracciati per il gusto di farlo. Pensava alle parole dette e non cercando di trovare quel qualcosa che avrebbe potuto far svanire tutto. Senza riuscirci.
Il freddo della notte non lo scalfiva, l’unica brezza che percepiva era quella che gli faceva smuovere qualcosa dentro. Non lo colpiva il sentimento provato ma l’intensità dello stesso, la forza impetuosa che quella serata aveva compiuto. L’immaginazione aveva già costruito regni, cosa comune a tutti e particolarmente viva in lui. Non erano distanti i metri che separavano le due case e quella passeggiata appena accennata gli dava modo di mettere in ordine i pensieri, Morfeo avrebbe pensato al resto.  Aprire il portone di casa è come svegliarsi da un sogno alla fine, sapeva di averlo vissuto e tornare alla realtà un po’ lo incupiva. Guardò lontano cercando di scorgere la sua casa nascosta da un’altra, senza riuscirci. Chiuse il portone di casa e fischiettando un vecchio jingle per le scale, pensava alla magia di quella sera con la paura che presto si sarebbe svegliato da un sogno.

2 marzo 2011

Delay Five:di bisogno in bisogno


Lorac aveva trovato la donna della sua vita. Era felice. In una maniera assurda, indescrivibile, camminava praticamente con un sorriso stampato in faccia da mattina a sera. Non lo scalfiva niente, nessuna offesa, nessun dolore ne' fisico ne' mentale. Ormai Cahira aveva preso completamente il suo cuore. E tutto questo era palesamente visibile. Estremamente visibile. Lorac era un tipo molto schivo e molto introverso, tendenzialmente malinconico. Ma tutto questo lo aveva cambiato, rendendolo socievole e perennemente sorridente.
Cahira si era innamorata del suo fascino da poeta maledetto e lui della sua fresca bellezza mai troppo edulcorata.
Cahira studiava Scienze Politiche a M., e quel weekend a B. era bastato per conoscere Lorac, anche lui studente, ma di Lettere. Si erano conosciuti ad un concerto e per poi rivedesi i giorni a venire. Purtroppo se il tempo normalmante scorre, quello con passato con qualcuno di speciale va via in un attimo.

Lorac, sorridente come non mai, pensava a quello che poteva mettersi addosso per poter salutare la sua Cahira per darsi appuntamento a M. Mentre passeggiava per casa, ascoltava musica a volume alto, senza pensare a chi stava dormendo e a chi stava studiando. Una camicia sarebbe andata benissimo. Era in largo anticipo, strano per lui, ma non voleva perdersi neanche un secondo con lei. Avrebbe fatto una passeggiata. Bevve un bicchiere di latte e ando' via.
Il sole rischaiarava la giornata e rendeva piacevole tutto. Anche i bambini che con i loro schiamazzi era stati da lui sempre odiati, ora non davano fastidio. Anzi quel framitio di voci lo mettevo ancor di piu' di buon umore. Camminando si fermo' a bere un caffe', in modo da dar piu' senso a quella sigaretta che avrebbe fumato prima di arrivare alla stazione. Fumo'. Con fare deciso comincio' ad allungare il passo per arrivare in anticipo all'appuntamento.
Qualcosa non andava. Cominciava a sentir dolore alla pancia. Perche' proprio ora?Perche'? Giusto: caffe' e sigaretta. Cocktail micidiale. Doveva trovare un bar. O meglio un bar con un bagno. Piu' camminava piu' si sentiva male. Doveva decidersi. Il primo bar . Lo vide e entro'.Il bagno era libero, ed anche se le condizioni non erano le migliori, per come si sentiva, furono sufficienti. Doveva correre se voleva trovarsi in tempo con Cahira. Usci' di corsa biascicando un grazie, e poi via verso la sua meta. Era quasi arrivato, quando un altro attacco lo colpi'. Non ci penso' due volte, entro in un cafe' e chiede del wc. Comincio' a maledire tutto cio' che non aveva maledetto giorni addietro. Quando fu in strada si rese conto che era tardi. Molto tardi.
Arrivo' in stazione, si precipito' sul tabellone delle partenze. Vide sconcertato che Cahira era partita circa 5 minuti prima. Non ci poteva credere. Non voleva crederci.
In quel istante il suo telefono vibro'. Era un sms di Cahira.
"...pensavo di aver trovato una persona speciale....il tuo non esserti presentato mi ha fatto capire che non ti interessa niente.....addio."

25 febbraio 2011

Delay Three: chiavi in mano!


Il telefono squillava, in mezzo ad una catasta di carte, introvabile come al solito. Indaffarato davanti al computer, continuai il mio lavoro. Lavorare in un istituto di credito, certe volte ti isola dal mondo reale. Si diventa talmente alienati dalla realta', che tutto cio' che ti succede intorno scompare. Ed anche se i rumori rimangono definiti, preso da quello che scorre davanti ai tuoi occhi, non conta nulla.
Termino' dopo lungo tempo il fastidioso trillare, dando a quel silenzio un gusto prelibato, anche se l'eco continuava silente a rimbombare nelle orecchie. Passo' del tempo quando il telefono ricomincio' con il suo assilante suono, e questa volta piu' per fastidio che per necessita' risposi.
- Ancora a lavoro? Pensi che faresti in tempo a prendere Luca dalla piscina? Spero di si' *click*
Mia moglie mi diceva che mio figlio mi aspettava dopo il suo allenamento. Fuori pioveva a dirotto e lei mi aveva appena comunicato che imbottigliata nel traffico non sarebbe riuscita ad essere li' in tempo.
Dovevo avviarmi, dato che ci avrei messo un po' ad arrivare. Spensi il computer e, voltandomi intorno, mi accorsi che solo io e la donna delle pulizie eravamo rimasti a lavorare. Presi il cellulare che era ad un palmo da me ed infilai la giacca. Come ogni volta controllai se avessi tutto per poter uscire. Le chiavi. Non trovavo le chiavi. Cominciai a cercare tastando le carte che erano sulla scrivania, e controllando per bene ogni singolo angolo. Era come se si fossero di colpo smaterializzate. Mi giravo intorno, cercando di ricordare se le avevo viste da qualche parte. Niente. La mia pazienza cominciava a vacillare. Fuori pioveva come non mai. Mio figlio tra un po' sarebbe uscito pronto a ficcarsi in macchina. Macchina che non avrebbe trovato se prima non avevo recuperato cio' che mi permetteva di avviarla.
Con gesti veloci e impulsivi cercavo dovunque potessero andate a finire, in quel mini-bunker che era il mio ufficio. Con la coda dell'occhio vidi qualcosa scintillare nel fascicolo che nel pomeriggio avevo messo a posto. Erano li. Senza riordinare il casino che il mio ufficio era diventato, uscii di corsa.
Era tardi: lo sapevo, ma continuavo a pensare che anche mio figlio tra uno scherzo ed una chiacchiera avrebbe perso del tempo nello spogliatoio. Intanto schizzavo per le vie della citta' cercando di essere li' nel minor tempo possibile.
La pioggia non aveva desistito un momento di venir giu' e voltandomi nel parcheggio della piscina vidi Luca, completamente bagnato. Lui era uscito in tempo...

19 ottobre 2010

...in Ritardo.[in_loop]

Immagine, gentilmente presa in prestito da Stefano Calisti

Non sembra vero ma mi succede spesso. Troppo spesso. Di fare ritardo. Ma non farlo, di costruirmelo proprio. Proprio come quando si monta un mobile Ikea con tanto di istruzioni.
Capita che cominci a programmare da quanto tempo prima devi iniziare a prepararti. Ma spesso i programmi saltano per sciocchezze. Come un bagno impegnato, una scarpa che non trovi o meglio la perdita momentanea di orologi, chiavi e cellulari...
Tutto questo se va bene ti fa perdere intorno a 5 minuti, nel peggiore dei casi (cioe' in situazioni combo bagno+scarpe+chiavi) ti fa perdere il doppio del tempo, facendoti innervosire terribilmente.
La cosa potrebbe finire qui....ma in queste situazioni, al ritardo non c'e' fine....perche' se esci in macchina, trovi o il cretino che sta facendo una manovra semplicissima ma con grande fatica, oppure (il peggiore) quello che cammina in citta' a 10kmh in una strada trafficata o a senso unico.
In quel momento sai che non puoi farci niente, ma guardi l'orologio in continuazione, come se il tempo lo volessi fermare.
Ed in quel mentre, immagini l'imbarazzo del momento in cui arrivi, a quello che puoi e non puoi dire, e preghi che non sia l'unico a cui sono capitate tutte quelle sventure...
Se pero e' un treno ad aspettarti e non una persona...beh la cosa cambia...nonostante in quei casi ti avvii per tempo, spesso dimentichi di non considerare quella serie di sfortunati eventi che possono capitarti.
Immagino ai ritardi di eventuali bus o ai semafori, tutti rossi...ma in questo caso, la serie non si fermerebbe qui, perche' puo' capitare che la fila per prendere il biglietto e' a dir poco colossale.....e speri che non ci sia quello che ci mette tempo, o il bigliettaio lento...ma spesso capita che li trovi entrambi...
...Capita pero', anche, che guardi l'orologio e pensi che hai tempo...ed invece, l'ora coincide con quella in cui dovevi essere pronto...beh in quel caso sei...

[questo post e' stato scritto il 4 ottobre, e tra una cosa e l'altra, e' stato pubblicato come se non bastasse...in ritardo]

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