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7 marzo 2011

Delay Seven: un post-it dietro la porta...


...un post it dietro la porta mi ricorda sempre qualcosa. Lo lascio sempre vuoto, e' un modo che ho per ricordare, e per cercarmi di togliere questa brutta e ingrata abitudine. Ora, appena sveglio, non penso che riuscirei a ricordare cosa devo fare...magari dopo un buon caffe'. Abitare da solo e' una cosa di cui godi solo se ci sei dentro. Nessuno ti rompe le balle. Ora che ricordo, chissa' perche ho spento la sveglia! Spento: che eufemismo! Piu' che spento, sbattuta a terra con violenza, mi sembra la frase piu' adatta. Intanto che il caffe' esce dalla macchinetta, penso al perche' ho messo quel post-it. Non mi viene in mente nulla. Il caffe' fumante sposta la mia concentrazione. Lo bevo in un sorso. La televisione manda in onda una di quelle canzoni pop che a pochi interessano ma che ti porti in testa per tutto il giorno. Stamane non ho da fare nulla, almeno credo. Chiamero' Giorgia per cazzeggiare in centro, dopo aver trovato il cellulare. So che c'e' ma non so mai dove. Nell'operazione di ricerca trovo un libro che non vedevo da settimane e un avanzo di pizza che ero convinto di aver finito. Butto l'avanzo di cibo e scorgo la causa della mia ricerca. Eccolo nel posto dove dovrebbe sempre essere, in tasca. Peccato che era dei pantaloni di ieri. Chiamo Giorgia.
-Pronto
-Giorgia sono Remo, che stai facendo?
-Ciao Remo, sto studiando!
-...ah bene! Niente, volevo chiederti se venivi a farti un giro in centro!
-Perche' no!
-...ok allora ci vediamo tra un po'!Il tempo di scendere!
-Ok...a dopo
Perfetto, sono contento! Mi devo vestire bene e subito. Decidermi in fretta soprattutto. Metto una maglia, una di quelle colorate che piacciono tanto a lei. Sono impaziente, butto via quel post-it sara' stata qualcosa di stupido, prendo chiavi e cellulare e via, di corsa.
Arrivo passeggiando, pensando a quello che posso dirle per non annoiarla. Lei dice che la diverto, ma non sono mai sicuro di me, soprattutto con lei poi. Arrivo e lei e' gia' li ad aspettarmi, bella anche con un jeans sgualcito e una felpa. Mi chiede se ho fatto colazione, ed io che ogni scusa e' buona, accetto senza pensarci troppo. Arriviamo al bar in centro, sai quello che in quelle giornate di sole, con i tavolini all'aperto, e' sempre molto carino e immancanbilmente pieno. Giorgia vede un tavolo vuoto e andiamo a sederci. Lei prende una spremuta ed io un (altro) caffe'.
Mi dice dell'esame che sta preparando, ed io che mi incanto senza capire tutto quello che mi dice. Qualcosa in quel momento distoglie la mia attenzione da lei e dal suo viso. Un funerale. Ci zittiamo e insieme guardiamo il carro e la piccola folla a seguito. Riconosco qualcuno. Per un attimo non credo a quello che sto vedendo. La mamma di Sebastian in lacrime. Sebastian e' un mio amico, uno di quelli che conosci da una vita...
Scorgo il padre e il fratello con uno sguardo affranto dal dolore... Sebastian e' morto...mi chiedo perche' non ho saputo niente...perche' me ne sono dimenticato.
Un suono assordante mi fa aprire gli occhi.....un sogno....guardo l'ora: sono le sette.
Un post-it e' attaccato dietro la porta...

4 marzo 2011

Delay Six: vincita imperfetta.


-...Ehi non mi dovevi aspettare?-
- Ehm sì...hai ragione. E che sono venuto un po' prima e ho preso qualcosa!
- Sono stato puntuale! Mi hai detto alle dieci...ed ora sono le dieci...guarda, guarda...
- Sì lo so...*sospiro*
- Che ti e' successo? Che cosa e' quella faccia triste?
-...Co vabbe'...meglio non pensarci!
- A cosa?
- No no...Nessun problema....
- E allora? Non vedo il motivo della tua tristezza dilagante?
- Niente....Solo che oggi potevo cambiare la mia vita...
- In che senso?
- Nulla nulla....
- Ascolta tra un po' arrivano Sara e Roberta, e non vorrei vederti così! Quindi...
- ...Ok...sembra inverosimile, ma e' successo!
- Sono tutto orecchi...Hai mezz'ora...
- ...Allora...(la prego due scotch)...Non sono mai stato un giocatore di lotterie, e neanche credo troppo alla fortuna. Ho sempre pensato che un buon lavoro e una buona dose di impegno possano far arricchire un uomo. Detto questo, qualche giorno fa mi propongono di partecipare ad una lotteria. Per una attimo tentenno, poi decido di partecipare. "Male che vada ho buttato via 10 euro!" penso. Primo premio circa 200.000 euro. "Non sono una grande cifra, ma perlomeno mi farebbe comprare casa!" Il giorno dell'estrazione preso dal lavoro e dai giri che di continuo Laura mi fa fare, ho dimenticato il biglietto a casa!
- ...Continua...(grazie...alla salute)
- Sì sì vabbe'....stavo dicendo...mi chiamano e mi dicono che ho vinto il primo premio gia' da un po', ma proprio nel momento in cui Laura si e' fermata a parlare con una sua zia! Cerco di troncare il discorso, e di far capire a Laura che dovevo scappare. Per telefono mi era stato detto che il premio, essendo organizzato da una associazione privata, se non fosse stato ritirato in giornata, sarebbe stato devoluto all'organizzazione. Per questo motivo volevo ritirarlo....prima che la fondazione chiudesse...
- Scusa ma dire a Laura la verità?
- Era per il gusto della sorpresa, non volevo sapesse che avevo giocato. La zia fini' di raccontare la sue disavventure, ed io riuscì a far scivolare il discorso alla fine...se tutto non fosse stato per sua madre...che vedendoci si fermo' con noi e con sua sorella...
- Ahahahah...non mi dire...
- Invece si....allora mi inventai una telefonata....ed un eventuale improvviso appuntamento....Laura allora mi raggiunse in disparte e mi chiese cosa era accaduto. Dovetti dirglielo. Felicissima, mi congedo' da mamma e zia. Ero libero. Ora dovevo correre alla fondazione e ritirare il premio. Mentre ero per strada incontrai il mio capo, che mi saluto' e mi chiese come mai mi trovassi li'. Insomma si fermo' a parlare, trattenendomi per un sacco di tempo. Quando finii di chiacchierare, il sole stava tramontando, era tardi. Dovevo solo arrivare e sperare di trovare aperto. Chiamai un taxi. Arrivo' ma quando stavo per entrare mi fermo' un cliente. Non pontendolo liquidare, mi fermai a parlare con lui. Dentro di me fremevo. Troncavo qualsiasi sua frase, con le solite esclamazioni. Lui non capiva ed io non sapevo che fare. Ricorsi per la seconda volta, alla storia della telefonata immaginaria e del appuntamento. In questo modo mi lascio' andare. Richiamai il taxi. Arrivai in un attimo alla fondazione. Trovai chiuso. Avevo perso i miei soldi. Provai a chiamare al numero che mi aveva comunicato la vincita, ma nulla. Riprovai e riprovai, fino a quando una voce mi rispose e mi comunico' la donazione della mia vincita all'organizzazione...
- ...no incredibile...ma Laura lo sa?
- no....
- ah bene....
- ...*sospiro*...
- salve ragazze, vi stavamo aspettando...

2 marzo 2011

Delay Five:di bisogno in bisogno


Lorac aveva trovato la donna della sua vita. Era felice. In una maniera assurda, indescrivibile, camminava praticamente con un sorriso stampato in faccia da mattina a sera. Non lo scalfiva niente, nessuna offesa, nessun dolore ne' fisico ne' mentale. Ormai Cahira aveva preso completamente il suo cuore. E tutto questo era palesamente visibile. Estremamente visibile. Lorac era un tipo molto schivo e molto introverso, tendenzialmente malinconico. Ma tutto questo lo aveva cambiato, rendendolo socievole e perennemente sorridente.
Cahira si era innamorata del suo fascino da poeta maledetto e lui della sua fresca bellezza mai troppo edulcorata.
Cahira studiava Scienze Politiche a M., e quel weekend a B. era bastato per conoscere Lorac, anche lui studente, ma di Lettere. Si erano conosciuti ad un concerto e per poi rivedesi i giorni a venire. Purtroppo se il tempo normalmante scorre, quello con passato con qualcuno di speciale va via in un attimo.

Lorac, sorridente come non mai, pensava a quello che poteva mettersi addosso per poter salutare la sua Cahira per darsi appuntamento a M. Mentre passeggiava per casa, ascoltava musica a volume alto, senza pensare a chi stava dormendo e a chi stava studiando. Una camicia sarebbe andata benissimo. Era in largo anticipo, strano per lui, ma non voleva perdersi neanche un secondo con lei. Avrebbe fatto una passeggiata. Bevve un bicchiere di latte e ando' via.
Il sole rischaiarava la giornata e rendeva piacevole tutto. Anche i bambini che con i loro schiamazzi era stati da lui sempre odiati, ora non davano fastidio. Anzi quel framitio di voci lo mettevo ancor di piu' di buon umore. Camminando si fermo' a bere un caffe', in modo da dar piu' senso a quella sigaretta che avrebbe fumato prima di arrivare alla stazione. Fumo'. Con fare deciso comincio' ad allungare il passo per arrivare in anticipo all'appuntamento.
Qualcosa non andava. Cominciava a sentir dolore alla pancia. Perche' proprio ora?Perche'? Giusto: caffe' e sigaretta. Cocktail micidiale. Doveva trovare un bar. O meglio un bar con un bagno. Piu' camminava piu' si sentiva male. Doveva decidersi. Il primo bar . Lo vide e entro'.Il bagno era libero, ed anche se le condizioni non erano le migliori, per come si sentiva, furono sufficienti. Doveva correre se voleva trovarsi in tempo con Cahira. Usci' di corsa biascicando un grazie, e poi via verso la sua meta. Era quasi arrivato, quando un altro attacco lo colpi'. Non ci penso' due volte, entro in un cafe' e chiede del wc. Comincio' a maledire tutto cio' che non aveva maledetto giorni addietro. Quando fu in strada si rese conto che era tardi. Molto tardi.
Arrivo' in stazione, si precipito' sul tabellone delle partenze. Vide sconcertato che Cahira era partita circa 5 minuti prima. Non ci poteva credere. Non voleva crederci.
In quel istante il suo telefono vibro'. Era un sms di Cahira.
"...pensavo di aver trovato una persona speciale....il tuo non esserti presentato mi ha fatto capire che non ti interessa niente.....addio."

28 febbraio 2011

Delay Four: ...di buon ora!


Il suono della sveglia gli aveva fatto aprire gli occhi. Odiava quel suono, ma era l'unico che lo faceva veramente saltare giu' dal letto. Stranamente quella mattina Federico si sentiva riposato, anche se la sera prima aveva fatto come al solito tardi. Era soddisfatto. Il suo turno cominciava tra poco, ed avere il lavoro sotto casa era una comodita'. Avrebbe preferito un lavoro da libero professionista, svincolato da qualsiasi tipo di orario, anche se essere nell'arma era una fortuna soprattutto in questi tempi. A questo si aggiungeva che abitava in caserma e a lui faceva comodo. Per questo si sentiva per molti versi fortunato.
Appena pronto scese di casa per recarsi al comando, il sole era alto, stranamente.
- Di buon ora stamane, maresciallo? - disse l'appuntato Tullioni, sbracato con il caffe' in mano ancora fumante, nel gabbiotto.
- Beh si....- rispose - ...buonagiornata, e si ricomponga per piacere...
Guardo' l'ora, erano le otto e dieci. Tutti i giorni, se aveva servizio arriva a quell'ora. Entro' in ufficio e vide l'orologio che era poco piu' in alto della porta. Segnava le nove e dieci. In un primo momento penso' ad uno scherzo di cattivo gusto. Prese i documenti che gli servivano per poter cominciare a lavorare, quando alla porta si annuncio' Tullioni che gli diceva che il capitano lo attendeva nel suo ufficio. Un po' scocciato lascio' tutto per dirigersi dal suo superiore. Intanto si chiedeva cosa avrebbe voluto, forse era successo qualcosa, probabilmente un nuovo caso. Fece un respiro, busso' ed entro'.
- Buongiorno capitano! -
- Di buon ora stamane maresciallo? - mi disse con il viso cupo.
Era la seconda persona glielo diceva. E stavolta cominciava a non capire.
- Capitano, sono le otto e un quarto, avranno cambiato l'orario agli orologi della caserma. Sono scherzi stupidi... - rispose giustificandosi
- Maresciallo, li ho fatti cambiare io gli orologi...- l'interuppe.
- Ma come?!? E perche' poi? -
- ...se mi lascia finire di parlare, forse le spiego! -
- ... -
- Oggi si cambia l'ora, sono le nove e un quarto, maresciallo! -
- ... -
Ora, stranamente, capiva tutto...

21 febbraio 2011

Delay One: Inritardabile


Il sole alle 7 di mattina travolgeva la citta' non preoocupandosi degli occhi stanchi che volevano dormire, non curandosi di chi si era appena messo a letto o di chi aveva passato la notte insonne.
Per Peter ogni mattina sembrava la stessa mattina, almeno per uno come lui abituato a fare le stesse cose, sempre. Uno come lui che lavorava in banca ormai da circa quindici anni, inquadrare gli orari era qualcosa di insito nel suo lavoro. Vantava di non essere arrivato in ritardo sul posto di lavoro, durante i suoi anni di servizio. Si rifugiava da qualsiasi cosa potesse modificare la sua instancabile puntualita'.
Dopo anni calcolava ogni eventualita' al secondo, arrivando con qualche minuto di anticipo, che utilizzava per degustare un buon espresso.
Anche quella mattina il sole si levava dando luce alla vita che non aveva cessato di continuare, e Peter si alzava dopo che la sua sveglia aveva rotto il silenzio. Anche la sua famiglia cominciava la giornata tra le urla dei suoi bambini e le ammonizioni della moglie verso loro. Lui imperterrito continuava a prepararsi per poter uscire. Come sempre in anticipo, si ficcava in macchina, percorrendo la stessa strada che ormai da anni lo portava al suo posto di lavoro. Uno strano presentimento lo attanagliava. Soprattutto oggi non poteva far tardi, l'arrivo del nuovo direttore. Oggi non doveva far tardi.
Perso in questi pensieri, non si era accorto che una macchina aveva bloccato il traffico nella via che portava alla banca. Un auto blu lentamente procedeva non preoocupandosi affatto della fila di auto e di clacson che si era formata dietro di lei. Qualche minuto di ritardo, era gia' calcolato e magari il caffe', per quella mattina, sarebbe saltato. Il traffico cominciava defluire, l'auto blu aveva scelto di accostare. Finalmente con un'accelerata avrebbe recuperato il tempo perso. Ma giunto in prossimita', si comincio' ad accorgere che la sua macchina, non sarebbe mai passata in quello spazio. Innervosito per lo scorrere del tempo, comincio' a sfogare tutto sul suo clacson. Il conducente incriminato era un anziano signore, che parlando a telefonino, comincio' a spostare la macchina di qualche metro. Peter accortosi di aver lo spazio necessario, supero' l'ostacolo e guardo' con faccia irritata il conducente che rispose all'occhiataccia con una ancora piu' truce. Peter, in ritardo di qualche minuto pensava a che scusa fosse stata plausibile per poter convincere il nuovo capo. Parcheggiata la macchina comincio' a correre per recuperare il tempo perso. Affannato e sconvolto in viso raggiunse l'entrata. Chi era presente non credeva ai suoi occhi, i colleghi erano increduli e divertiti allo stesso tempo. Per fortuna sapeva non era l'unico ad essere in ritardo, anche il direttore lo era. Entro' subito dopo di lui e riconobbe lo sguardo truce di prima...

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