Questa “cosa” doveva essere
inviata (in tempo) ad un concorso che si faceva qui intorno. Ma (voi lettori) conoscendo l’autore sapete
che (come al solito) se ne è ricordato in ritardo.
Sapeva una cosa: aveva trovato
qualcosa di unico. Un tesoro che solo
lui avrebbe apprezzato; non perché altri non erano stati capaci di vederlo ma
solo perché ognuno non gli aveva dato il giusto valore. Passo dopo passo
pensava alle cose dolci successe nella serata. Alle risate, ai gesti timidi,
agli sguardi intensi e allo stare abbracciati per il gusto di farlo. Pensava
alle parole dette e non cercando di trovare quel qualcosa che avrebbe potuto
far svanire tutto. Senza riuscirci.
Il freddo della notte non lo
scalfiva, l’unica brezza che percepiva era quella che gli faceva smuovere
qualcosa dentro. Non lo colpiva il sentimento provato ma l’intensità dello
stesso, la forza impetuosa che quella serata aveva compiuto. L’immaginazione
aveva già costruito regni, cosa comune a tutti e particolarmente viva in lui.
Non erano distanti i metri che separavano le due case e quella passeggiata
appena accennata gli dava modo di mettere in ordine i pensieri, Morfeo avrebbe
pensato al resto. Aprire il portone di
casa è come svegliarsi da un sogno alla fine, sapeva di averlo vissuto e
tornare alla realtà un po’ lo incupiva. Guardò lontano cercando di scorgere la
sua casa nascosta da un’altra, senza riuscirci. Chiuse il portone di casa e
fischiettando un vecchio jingle per le scale, pensava alla magia di quella sera
con la paura che presto si sarebbe svegliato da un sogno.
E poi?!...
RispondiElimina(merita un seguito) :-)
ci penso... (non ti prometto nulla, negli incipit sono bravo ma il finire mi...
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