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31 gennaio 2011

Piacere mio.

Io mi sopravvaluto un sacco. E' colpa delle recenti batoste. Mi hanno picchiata talmente tanto che ora i lividi saltano fuori senza un perchè. Evidentemente prima non trovavano spazio. E non credo di essere bella. Non credo di essere bella vestita di lividi. Devono avermi colpita anche in testa, perchè non è ancora del tutto apposto. Un giorno decisi di cercare una distrazione dalle ferite tetaniche del mio corpo. Non che pretendessi la loro rimarginazione, ma le cicatrici le avrei portate con orgoglio. E' il sangue che scorre che non mi va giù. E' dolce, di quelli che piacciono tanto alle zanzare. Che poi, in fondo, mi danno un'aria da donna vissuta, così cerco di perdermi in racconti pseudoveritieri, nei quali mi atteggio a miracolata, a donna forte dei film che supera il cancro. Il 93% delle donne ce la fa. Poi, il 7% prende il sopravvento e se ci pensi sono sette su cento e non è mica poco. Io e le mie sei compagne di viaggio ci dimeniamo per dimenticare da cosa siamo afflitte. Sono simpatiche, nonostante la mia misantropia bukowskiana. E ci sto bene con la gente, finchè non mi si rinfacciano i miei difetti. Che saranno pure tanti, ma non sono così gravi, credo. Io do peso alle parole che scrivo, non a quelle che dico. Sarò pure strana, ma fa parte del pacchetto e nessuna legge a favore del consumatore ti legittima ad azioni recuperatorie. Semmai dovrebbero permetterla a me. Io mi rivoglio indietro. Chiamiamola ripetizione di indebito. Chiamiamola in termini giuridici che, si sa, quelli sono un sacco oggettivi, soprattutto se sai come usarli. Quanto è denigrante saper confondere la gente con le parole, per poi essere presa in giro dalle stesse usate da qualcun'altro. E' che uno crede che ci sia bisogno di un titolo per poter fare le cose. Ci sono talenti naturali sparsi ovunque.
E tu quanto sei bravo a fare il mio mestiere?

cattive notizie. ma tanto cattive. sì cattivissime! ancora! *swish*


nel frattempo, però, silvio se ne sbatte (e se le sbatte) e applaude le capacità amatorie delle polacche (fonte: giornalettismo.com). scusate ma la polacchia dov'è?

(questi sono i primi effetti della riforma gelmini: io ho dimenticato la geografia, un amico mio invece ha dimenticato come si fa pausa. ogni volta che vuole uscire a fumare scoppia in lacrime: "non posso! non ricordo! non ricordo!")

troie russe, marocchine (naturalizzate egiziane dallo "zio"), dominicane e italiane: ottimo modo per ripassare gli stati mondiali. devo provarci.

(ci sono una troia russa, una marocchina, una dominicana e un'italiana: sembra l'inizio di una barzelletta.)

chissà, secondo me la russa (inteso come aggettivo, non come ministro) era stata mandata per testare le condizioni di benessere del lettone di putin.

tra le contattate ci sarebbe anche sara tommasi, sì, proprio lei. voglio spezzare una lancia in favore suo, dicendo che è diversa dalle solite sciacquette: lei, è laureata con 110 e lode alla bocconi. e che bocconi.

(secondo me, comunque, quando non saprà più che fare papi dirà: "tutto questo era per un sondaggio datamedia sulle abitudini sessuali degli italiani. e le ho sondate bene, davvero".)


ps: godetevi il gossip e tutte queste puttanate che succedono, ma ricordatevi che "chi" e "novella 2000" sono giornali e pure di pessima qualità, e non vita reale. perciò, ammettete che c'è qualcosa che non va nel nostro paese? buona giornata.

pps: ruby è stata ospite di una discoteca a rimini, ed è stato un flop. bene, se ci siamo stufati anche della figa, significa proprio ci è rimasto qua, s.b. .


30 gennaio 2011

cheppòi.

cheppòi, tra l'altro, riflettevo: quante case la domenica mattina sembrano un monastero?

chellinguastràna.

che l'ingua strana linglese. pardon, che lingua strana l'inglese (capita di sbagliare, anche l'italiano non è da meno):

se avessi dovuto dire "i love you, mom" in italiano, mi chiamerei edipo.

29 gennaio 2011

Passo e chiudo.

Zzzhrhrhzz. Zzzzrhrhzz.
Prove tecniche di trasmissione.
Zzzrhrhzz. Zzzrhrhrhzz.
Sa. Sa.
Un, due, tre.
Zzzzrhrhrhzzzz.
Niente.


Ciao, va.

lì - qua - mi. è per - colato.

in egitto è guerra civile. e adesso dove andremo a fare le vacanze?

a proposito di "guerra": barbara guerra (una persona distinta ed una professionista come l'igienista dentale) ex schedina, ora "papi girl". e io lo preferivo quando conduceva sarabanda.

(mia madre vedendo l'avvocato della minetti e la sua cliente in tv ha detto "guarda che zoccolone che è pure lei!" le ho risposto "eh, si ma anche l'avvocato non scherza".)

nel frattempo, una discepola di un "papi boy" (guido bertolaso, proveniente anche lui dalla "old school") è stata arrestata per lo smaltimento illegale di percolato nelle acque campane. clap clap. l'allieva supera il maestro.

(il percolato: questo oscuro termine. mi fanno impazzire i termini che nobilitano qualcosa che nobile non è.
un esempio? vabbè, percolato, pattume, escrementi, liquami, presidenza del consiglio, etc. etc)

s.b., riguardo alle ultime vicende personali, per l'interesse di tutti ha detto che è inevitabile "reagire". una volta tanto credo che qualcuno lo ascolterà.

(s.b., nei processi che affronterebbe, potrebbe risultare "impegnato". o separato. o avere una "relazione complicata" con la procura di milano.

tra l'altro procura - milano. mi aspetto che lui abbia fatto una battuta del genere. visto che gliel'hanno procurato.)

tracce/2


avete mai avuto la sensazione di aver già vissuto qualcosa? di aver fatto un sogno e di aver visto posti in cui giurate di non essere mai stati ma che se per caso vi doveste trovare lì non vi sembrerebbero poi tanto sconosciuti? avete mai sentito parlare in sogno di una donna? una ragazza per giunta? e se questa donna vi raccontasse la sua di storia, prima che voi corriate a riferirla, sconvolti, ad uno strizzacervelli?

bene, se vi è successo tutto questo avete avuto fino ad ora una vita movimentata.

o avete sentito i dream theater. in particolare, questa.



amore a prima vista (e non solo).


che impressione, che sensazione!

mi fece

la prima volta, quando ti vidi:

io e te, nello stesso ascensore

- e tu scoreggiasti -

28 gennaio 2011

Ci son scelte e scelte

...che la scelta e' una cosa difficile, soprattutto quando davanti ti si presentano una cospicua quantità di alternative. E' che ieri sono stato in un ristorante, dove la cameriera, per quanto precisa essa sia stata, ci ha elencato una serie di pietanze ad una velocità assurda. E' soprattutto quando hai fame, che hai mangiato solo un panino, e che ti andrebbe bene qualsiasi cosa, che capisci che scegliere e' solo un modo per dare un gusto diverso all'azione. La fame rimane la stessa e qualsiasi cosa di commestibile va bene. Spesso le scelte si fanno in una minima condizione di benessere. E se in compagnia, lo si fa per educazione, scrutando negli occhi degli altri un briciolo di decisione....
Alla fine abbiamo preso un po' di tutto, sia per fame sia perché tra le tante cose buone era impossibile fare la scelta giusta...sarà perché non eravamo nella condizione minima di benessere....sarà perché avevamo fame....sarà la fame ma tra le tante cose che ha detto ci andava bene tutto....

masi? ma sì.

anteprima annozero: masi (si) è dissociato.

in effetti è criminoso come certe persone facciano un utilizzo spregiudicato della tv pubblica. (come per esempio, arrivare ad essere direttore generale. "direttore generale": mi è sempre sembrato una di quelle cose da fantozzi accompagnato dall'immancabile lup. man.)

nel frattempo, lotta dura delle opposizioni contro b. : "siamo quasi indignati per quello che sta succedendo".

"si dimettano le opposizioni. poi si dimetterà il governo" ha affermato belpietro da santoro toccandosi 'sta ceppa e facendo gnegnè.

sara giudice (pdl), capeggia la corrente dei "responsabili". una giudice nel suo partito: non bastava tutto 'sto casino, a b.

la giudice: "io credo nei valori del mio partito". e spendere quei settemila euro in una notte sarebbe stato un ottimo modo per investirli, quei valori?

(il condizionale è d'obbligo, di questi tempi. la condizionale, se potessi decidere io, no.)

anche gli usa hanno cominciato a parlare di noi, tra l'altro: se cerchi su google "mature man teen party with happy ending"...ah no, quella era roba seria: youporn. (lì per entrare devi essere maggiorenne.)

(un post sul regno di hARdCORE l'ha creato claudio messora, e ve lo consiglio.)



27 gennaio 2011

s.b. (sono battute.)

bertolaso ha avuto a che fare, secondo fonti, con soldi e puttane. le linee guida per la protezione civile da parte della presidenza del consiglio(?).

egitto: monta la rivolta anti - manifestazioni. manifestazioni vietate. "ah, si può fare?interessante."

il presidente, silvio mubarak: "sono tutte menzogne. è una congiura. ma ora non rompete i coglioni, ho da indottrinare un popolo, io".

in albania, l'opposizione è in rivolta. il premier, sali berisha...sali berisha? s.b.? ah, allora è chiaro tutto.

(un po' di umorismo, vi chiedo, sono solo battute.)

Gli interessi del conflitto.

E'quasi Natale. Qualche giorno fa ho preparato un grande albero con mia madre. Lo faccio più per passare del tempo con lei che per piacere. Anzi, se proprio vogliamo, io l'albero, il presepe e i pastorelli li odio. Per non parlare dei re magi, loro rischiano di andare a fuoco. Ma a mamma piacciono. Mamma è così buona. E' così ingenua che a volte mi sfiora l'idea che sia stupida. In fondo, è una maestra perfetta, quella che amano tutti i bambini, quella che ha insegnato a sei generazioni del mio paese, nonostante i suoi cinquant'anni appena compiuti, quella che quando la incontrano le dicono che è sempre la stessa, e quella per cui quando ti incontrano ti chiedono: ma tu sei il figlio della maestra?.
Ho avuto serie crisi d'identità da bambina. Poi, l'ho superato. In realtà è giusto sia così. Lei è la maestra dei buoni valori: l'unicef, telethon, il progetto per l'olocausto, la giornata della memoria, poveri ebrei di qua e poveri ebrei di là.
Poveri ebrei, per l'amor di Dio. (E' proprio il caso di dirlo). Ma, è qui che svela la sua ingenuità. Ecco. Se io sento la parola ONU, rabbrividisco. Se lei sente la parola ONU, spera. Io cerco di spiegarle le mie posizioni e mi reputa cinica. E' un po' come Babbo Natale e la Coca-Cola, tutti sanno ma nessuno ci crede, e si continua a bere coca cola e credere in babbo natale. Mia mamma non riesce a cogliere il problema dell'aver assegnato una terra a un popolo che lì sì c'era stato, ma 2000 anni prima. Perchè? Non è stupida. E' solo fiduciosa. Un sacco di gente la pensa come lei, non possono essere tutti pazzi, non possono essere tutti stupidi. Allora mi metto lì e le spiego che non deve lasciarsi indottrinare, che i palestinesi non hanno, poi, tutti i torti e che l'ONU doveva pensarci un attimo. I grandi conflitti hanno grandi manovratori. In genere, i protagonisti sono solo burattini. Decido allora che per Natale le comprerò un piccolo teatrino. I burattini li cucirò su misura. Un ebreo non sarà poi difficile da fare: barba, kippà, tunica ed è fatta. Il palestinese è un po' più complicato ma fattibile: barba un po' più aguzza, camicia e pantaloni in lino, occhi allungati. Bene. Loro sono i protagonisti simbolo. Sfondo del teatrino: una città distrutta. La città di entrambi, non fa differenza. Al di fuori della scena, ma con un'importanza più grande di tutto il teatrino, un signorotto, ipotetico rappresentante statunitense all'ONU. Uno vale l'altro.
Il giorno di Natale insceno il tutto. L'ebreo che odia il palestinese perchè l'americano l'ha convinto essere cosa buona e giusta (il fattore religioso non è trascurabile), il palestinese che odia l'ebreo perchè si è lasciato convincere dallo statunitense. E' così che iniziano i conflitti. E' così che mia madre diventa come l'ebreo. Si lascia convincere dal Mangiafuoco della situazione che purtroppo il fuoco non si limita a mangiarlo. Fortunatamente a mia madre manca il palestinese della situazione. Altrimenti nascerebbe un altro conflitto. Lei continuerà ad avere fiducia, già lo so, ma se non altro io ci avrò provato. Avrò fatto la mia buona azione natalizia, perchè del Natale sarebbe l'unica tradizione da salvare.
La persuasione crea il conflitto. Gli interessi creano la persuasione. I soldi creano gli interessi. I soldi creano soldi, diceva mia nonna, quindi, i potenti creano i soldi e, soprattutto li cercano. Il sillogismo è banale, ma persuasivamente subdolo. Forse basterebbero milioni di teatrini per porre fine al conflitto, ma non basterebbero miliardi di Teatri della Scala per porre fine agli interessi. L'uomo è un animale sociale, Aristotele aveva capito e io ho deciso di comprare a mia madre una scatola di tisane rilassanti per Natale.
Milgram (1963) dimostra che a fronte di fattori persuasivi quasi il 63,5% delle persone è disponibile a compiere azioni anche omicide nei confronti di soggetti sconosciuti.

Ordine e Banalità.

"La verità, dica la verità e nient'altro che la verità", mi guardava con aria minacciosa quel dannato sbirro. Intanto, quella maledetta lampada puntata addosso mi faceva sudare terribilmente. Mi sembrava quasi di essere il cattivo di una noiosa serie televisiva americana. Una di quelle su quanto le forze dell'ordine siano acute. Una di quelle che detestavo. Le odiavo, diamine. Non avevo alcuna voglia di farne parte. Secondo il copione, avrei dovuto avvalermi della facoltà di non rispondere. Ma era così banale. E, in realtà, non avevo, poi, nulla da perdere.
Il piedipiatti senza divisa nè distintivo mi fissava in attesa della mia risposta.
" A che diavolo dovrei rispondere?", pensai. Non mi era stata fatta nessuna domanda. O forse, non l'avevo sentita. Capita di essere sovrappensiero. E poi, ero spesso assente negli ultimi giorni. Qualche anno dopo, grazie alla psicanalisi, scoprii di aver subito un trauma. Non so come quella specie di Freud fosse arrivati a capirlo facendomi vedere delle macchie che sembravano tutte pipistrelli. Ero pessimista, probabilmente. Avrei potuto paragonarle a delle farfalle. Ma questa è un'altra storia. Ora ero lì, con un idiota dalla cravatta allentata che mi fissava.
Pensai che anche questi dovrebbero essere considerati abusi di potere. Dio. Era una tortura. Iniziai a parlare, non so di che e non so di cosa. La domanda non la conoscevo, ma gli anni passati a scuola mi avevano insegnato come comportarmi in queste situazioni. E lui non sembrava troppo perspicace per comprendere che stessi rispondendo senza rispondere. O la fortuna volle che dissi ciò che voleva sentire. Questo non potrò mai saperlo.
Mentre gli descrivevo la mia ultima settimana di vita - era così che in genere accadeva nei film - lui mi bloccò e mi chiese: " Dov'era la notte del 19 dicembre?" Dio. L'uomo più scontato dell'universo doveva interrogare proprio me che provavo ribrezzo per la banalità? Ma ero lì, e per evitare ulteriori guai, risposi.
"Ero a casa. Bevevamo birra, cantando canzoni pop".
E con pop intendevo proprio "popolari". Ma non volevo sembrare una comunista. Magari mi avrebbero malmenata a prescindere. Non mi andava proprio. Non ero lì. Non ero lì. Non volevo impegnarmi. Continuai il mio racconto. Avevo percepito chiaramente il suo sguardo d'attesa. Che poi, anche senza utilizzare il mio intuito - immenso fra l'altro - , chiunque se lo sarebbe aspettato.
"Eravamo in quattro e nonostante il nostro melodioso canto, sentimmo degli strani rumori provenienti dal piano di sopra. Ma nessuno di noi ci fece caso. Il piano di sopra era una continua fonte di rumore. Non ci siamo interessati. Non so più nulla".
Non mi sembrò troppo convinto.
Prese una sigaretta dal taschino della camicia e l'accese. Non riuscivo a capacitarmi di quanto fosse banale quell'uomo. In realtà, non me ne capacito tutt'ora."Non so che dirle di più", gli dissi. Buttava la cenere sul pavimento, l'incivile. In fondo, era il popolo a pagare perchè qualcuno pulisse i loro bagni, le loro macchine, i loro stupidi e bui commissariati.
"Va bene - mi disse - è un osso duro. Tipico dei comunisti come lei".
"Ecco. Lo sapevo. Ora mi mena.", pensai. Non lo fece. Troppe persone, troppi testimoni probabilmente. Assurdo come certi uomini non vedano più gente a circondarli. Vedevano solo occhi, gli infami. "Non le permetto di rivolgersi così nei miei confronti. Non è corretto ed è totalmente fuori luogo, diamine. Non so nulla. Non so nulla. Vuole che inventi? Ne sono più che capace".
Mi aveva innervosita. Quando non sono io ad attaccare, non concepisco certi comportamenti.
"Signorina, - mi disse - è inutile che si nasconda dietro quel viso infantile. I bambini non sono più innocenti come una volta".
Avrei voluto alzargli le mani. Avrei voluto strangolarlo con quella sua orribile cravatta a scacchi. A scacchi. Gli scacchi non sono mai andati di moda, maledizione. Ma come gli era venuto in mente? Stupido, banale e dai gusti tremendi. "Pregherò per sua moglie", pensai, mettendo da parte il mio scarso attaccamento alla religione.
"Guardi, la ringrazio per avermi detto che sembro più giovane, ma la situazione non cambia. Non so. Non so davvero che dirle, mi spiace. E sono abbastanza comunista da dire ciò che penso.", risposi.
"Lo vede? E' una comunista. Di sicuro sarà immischiata in qualche strana rete terroristica.", mi disse."Ma scusi, non per essere pignola, ma cosa c'entra tutto ciò con quanto è accaduto al piano di sopra?"
"Prenderò due piccioni con una fava.", ridacchiò. No. I proverbi no, porca miseria. C'è un limite alla mia sopportazione."Non ho altro da dichiarare". Ecco. Mi aveva intrappolata nel suo tunnel di luoghi comuni.
Maledetta televisione. Maledetti americani.
Aprii la porta e me ne andai.

agrodolce/36

"gianni l'ottimismo è il profumo della vita!" diceva uno spot di qualche tempo fa. sarà, ma l'aria che tira da qualche giorno a questa parte ha lo stesso "ottimismo" di una latrina.

26 gennaio 2011

prima visione.

ieri sera, con un pugno di altre sei persone, ho visto un film. ho riso tanto ma il tutto era contornato da pensieri che giravano nei neuroni, perché è assai amaro "capire di non capire" se quello che stai vivendo sia realtà o si porti dietro una manciata di "ciak" e prove.

(comunque, in definitiva, quel film lì è un film che non ti fa crescere il rimorso per aver speso 4 euro. perciò, guardatelo, anzi, vedetelo.)


25 gennaio 2011

Ho bisogno di un'agenda per non distruggere il mio corpo.

Per certe cose ci vuole tempo. Poi, ti ritrovi in una vetrina di un centro commerciale, a fare finta di essere uno di quei manichini perfetti, se non fosse che non c'è ancora tutta quella confidenza col mondo che ti permetterebbe di approfittarne.
Dietro a un vetro al sapore di nicotina, circondata da un eccessivo uso di vocali, sento che è possibile staccarsi dall'universo per qualche tempo.
"La signora Rossi è attesa al box dai suoi figli" misto a "sguardi di approvazione nei confronti di giovani donne in attesa". Dall'esterno è tutto più divertente.
Ho talmente tante cose da dire che le dirò tutte insieme.
Ho camminato scalza per mezza Roma perché non mi sembrava il caso di capire più a fondo quello che stava succedendo. Ora, ho i piedi distrutti e sono piena di lividi, neanche fossi andata in guerra, ho trovato una macchina da scrivere con i tasti insanguinati e una poesia del precedente inquilino di un appartamento. Il mondo è così piccolo che una piccola dimora viene valorizzata dalla semplice carta da parati color salmone che rende tutto così antico e kitsch e mi fa tornare indietro di vent'anni, forse qualcuno in più, con il risultato che io non esisto ancora.
Poi, mi guardo in un cerchio e non mi vedo. Pensavo fosse uno specchio e che io lì non mi trovassi davvero.
Mi addormento con le braccia alzate. Mi risveglio sudata e con gli occhi come se piangessi. Ogni tanto mi tiro un pizzicotto per capire se sono davvero viva. I cappelli mi donano un sacco, ma la mia aria eccentrica mi rende diffidente nei confronti di me stessa.
Gli internet point sono pieni di grassoni che si conoscono da tempo.
Io, intanto, metto da parte risparmi per il mio matrimonio surreale. Non mi riesce benissimo data la resistenza del mio corpo in miniatura. Ma, si fa quel che si può.
Una fotografia mi ricorda quanto devastante sia la solitudine e poi il tuo libro entra nella mia collezione. Roba da matti quanto riusciamo ad essere belli.
Una macchia sotto il braccio mi ricorda quanto è vero.

Nero e Tappeti.


Era lì, rosso. Venivo attratta dal tavolo e da come riuscisse a lasciare quel segno violaceo su ogni bicchiere. Corposo, brillante e fruttato, mai avevo assaggiato niente di paragonabile. Mi lasciai pervadere dal tepore che infuse nella mia gola, un'esperienza ultrasensoriale. In quel momento eravamo io e lui, e poco contava tutto il resto. La fugacità del mondo smise di appartenermi per un istante.
Panta rei: tutto scorre, solo allora capii davvero cosa significasse. Potevo estraniarmi dall'universo e bastava così poco. Il mondo avrebbe comunque continuato a ruotare.
Era una bevanda celestiale, un piccolo Paradiso in terra, un momento di meditazione, la pace dei sensi. Persino il Dalai Lama mi avrebbe compresa. Quel colore carminio così vicino al mio fluido vitale mi dava la sensazione di ingerire la vita. Dev'essere per questo che il vino fa buon sangue. I detti popolari non sono, poi, sempre frasi fatte.
Avvicinai il calice alle labbra, sapendo che sarebbero rimaste segnate da quello splendido colore. Il mondo avrebbe potuto percepire, così, il mio momento di pace. Il mio. Ma, ogni calice è un momento, ogni bicchiere un attimo e gli attimi appartengono a chi vuole viverli. Il mio gesto fu preannunciato da un brindisi, la condivisione di quest'incredibile esperienza. Ognuno con il proprio istante, ognuno con il proprio vino. I nostri problemi erano al di fuori di quella stanza, le nostre amarezze dietro la porta, le nostre preoccupazioni nei nostri appartamenti, sotto i nostri zerbini. Ma lì, lì, tutto era perfetto.
Le nostre papille gustative erano sotto attacco di piccole molecole di serenità. Iniziammo a chiacchierare, tutti insieme, senza gridare, di argomenti banali ed improbabili, impegnati e costruttivi.
Avevamo uno sguardo oggettivo sul mondo, uno sguardo distaccato dall'universo, potevamo giudicare senza essere giudicati, parlare senza essere contraddetti, pensare senza avere rimorsi.
Accompagnammo il tutto con una fantastica cena, i cui sapori non facevano altro che esaltare quel nettare prodigioso. Saremmo rimasti lì per sempre, con la presunzione di poter parlare per tutti, in tailleur ma spogli dentro di pregiudizi, di convinzioni, di restrizioni. Ci interessava solo comunicare fra noi. Comunicare fra noi, per portare al di fuori di quella stanza quest'esperienza quasi mistica. Tutti avrebbero dovuto sapere cosa riserbava quel denso Cabernet d'annata. Purtroppo, però, il tempo non si fermò davvero e intorno a noi la vita continuava a scorrere. Era ormai tardi, dovevamo tornare alle nostre vite, a riguardare sotto i nostri zerbini, a riprendere le preoccupazioni di un mondo effimero. Ma, eravamo pronti a guardarle in modo diverso, ad affrontarle con la tranquillità nelle vene, con il battito cardiaco regolare, con la consapevolezza che al mondo si vive per le piccole gioie e che di queste bisogna godere.
Tornammo a casa, ognuno per la propria strada, qualcuno in coppia. Ciascuno di noi verso la propria villa, il proprio appartamento, il proprio monolocale, il proprio castello, poco importava.
Arrivai di fronte al mio cancello. Aprii, entrai nel portone non elegante ma rispettabile, salii la rampa di scale che mi divideva dal mio letto.
Ero sulla porta. Diedi uno sguardo a terra. Lo zerbino. Lo sollevai e sotto non c'era nulla di quello che vi avevo lasciato. Sorrisi e andai a dormire.

tracce/1

mi sono innamorato di te, a poco poco. quando ero bambino eri bambina pure tu, e sei cresciuta, sei cresciuta talmente tanto che per evitare che volassi via ti ho assorbita, ti ho vissuta, ti ho inglobata, ed ora, ora, sei una fetta di me, molto abbondante.

sarei perso,

sarei inutile,

sarei una bamboletta voodoo abbandonata in un angolo, e priva anche di maledizioni e spilloni e quindi di sensazioni anche dolorose a volte,

sarei un randagio senza il suo riparo,

sarei un'inutile stella che brillerebbe senza un cazzo di preciso motivo.

ma per fortuna ci sei. ovunque.

cammino e sei presente, nella mia testa.

in macchina rendi più leggeri i chilometri che faccio ogni-abitudinario-giorno.

la sera poi mi sollevi dalle paure, e spesso mi fai tirar fuori una sonora risata.

sai tutto. sai davvero tutto, di me.

e io, ti ascolto, e tutti i giorni mi accorgo che non mi basta quello che già conosco, voglio di più, davvero, di più.

quando non avrò più orecchie per sentirti già so che l'errore sarà mio, ché tu, sì, tu, sei già perfetta così, e invecchiando maturerai, senza mai appassire.

grazie,

musica.

(ebbene sì. questa è una nuova rubrica, chiamata tracce: un po' come quei segni che lasciamo ogni volta che attraversiamo un luogo, e che i più attenti seguono per trovarci. ma anche come, banalmente, le canzoni di un disco. la prima è questa.)



s.b. (senza balle? magari. solo balle? forse. stiamo bene? non credo, se non detto con ironia)

questo aggregatore aveva la regola muta di evitare di trattare di politica. era una stupida limitazione che ci eravamo imposti in quanto facenti parte di una comunità e quindi con opinioni diverse. si poteva parlare di musica, arte, gossip...ecco: gossip. ora si parla anche di politica perché la politica è un gossip. dannazione.

silvio b. telefona in diretta a tutti i programmi che non gli piacciono. è così infantile che se avesse la possibilità farebbe chiamare il padre.

silvio b. definisce "postribolo televisivo" una trasmissione televisiva condotta da uno che esattamente (benché mi stia sulle balle --> s.b. : forse abbiamo trovato il significato!) non è poi un giornalistino qualsiasi. ma stavolta sono d'accordo: si parlava di lui, più postribolo di così (postribolo multipiattaforma)

silvio b. secondo me da piccolo lo picchiavano con i magistrati.

silvio b. non ha capito che a risiko si gioca sul tabellone con i territori, non in italia con le tv e i giornali.

silvio b. ha talmente tanto che se fosse andato lui allo zecchino d'oro a cantare "volevo un gatto nero" glielo avrebbero regalato.

silvio b. "ciao, sono il sogno degli italiani!" vi ho svelato il motivo delle mie nottate insonni.

potrei continuare all'infinito ma, come si dice, c'ho una vita da vivere, io.

(la citazione è riportata da annozero: sì bla bla bla santoro bla bla bla. beh, io credo, comunque, che un registratore non sia né di destra né di sinistra.)

Call



"...comunicare con qualcuno". Questo e' il senso e significato del termine telefonata.
Una telefonata puo' essere sentita, cordiale, incisiva, lunga o breve. Con una telefonata ti avvicini o allontani da chi chiami....
C'e chi chiama per rassicurare, chi per rassicurarsi, chi per consolare, chi per chiacchierare, chi per sapere, chi per piangere, chi per ridere o far ridere......
....c'e', pero', chi chiama per offedere qualcuno che sta facendo il proprio lavoro (e non solo), con parole non degne al ruolo che riveste..........e per queste telefonate, soprattutto se fatte in pubblico, che provo VERGOGNA.

[Perdonate il mio sfogo, ma era dovuto soprattutto per quello che ho visto e sentito questa sera]

Beh? Anche io ho le mie piccole perversioni.

"Attenzione perchè il piatto è bollente."

Credo sia la frase più pronunciata all'interno dei ristoranti cinesi. Per me è una sorta di "non pensare all'elefante", anche se in questo caso si tratta di una proibizione più profonda e nascosta, non dominata da leggi di causa-effetto così visibili e dolorose.


Ogni avvertimento finisce col macchiarsi inevitabilmente di mistero. Chissà cosa accadrebbe se immergessi il phon nell'acqua. E se corro con le forbici in mano? E se vi uccidessi tutti? No, mi hanno insegnato a non farlo, i miei genitori sono sempre stati ca-te-go-ri-ci, soprattutto sull'ultimo punto. Non per una questione di comandamenti... altrimenti sulle tavole della legge bisognerebbe aggiungerci
 
11. Non camminare scalzo
12. Non desiderare l'Emilio Robot altrui
13. Finisci tutto quello che hai nel piatto
 
Eppure io mi sono scottata un sacco di volte, so benissimo a cosa porta toccare un oggetto bollente.
Ogni volta che vedo una superficie ghiacciata devo assolutamente constatare che sia realmente ghiacciata camminandoci sopra, con attenzione, ma devo farlo. Non ditemi di non fissare il sole per più di 10 secondi, altrimenti vado a cronometrare quanto tempo impiego per diventare cieca.


Non voglio giustificare le perversioni, i divertimenti... le serate di beneficenza, insomma chiamatele come volete. Molti aspetti della vita possono sembrare affascinanti e misteriosi, semplicissimi da raggiungere, soprattutto per chi ha i mezzi economici e tonnellate di viagra.
Non voglio parlare di B. perchè mi vergogno. E' un po' come vedere per sbaglio un parente o amico nudo. Devono passare alcuni mesi prima di poterlo guardare senza provare imbarazzo/schifo. 
In questo caso devono passare anni prima di poterlo guardare con l'imbarazzo e lo schifo di prima.










Fino a pochi mesi fa, l'indecenza per me era un sinonimo di "Alvaro Vitali". 
Sono costretta a ricredermi?

24 gennaio 2011

Convenevoli.

Che poi io non capisco proprio perché l'unica persona ad amarmi incondizionatamente sia la sfiga.
Non è mica vero che bisogna essere in due a fare le cose.

"eccoti, ciao, come stai?"
"ma insomma, bene, grazie, si fa quel che si può"
"eh sì, è sempre così"
"è sempre così un paio di palle, scusa il francesismo".

Convalescenza.

Ho deciso di cercare un posto dove andare ad amare. Ho deciso di cercare un tempo dove smettere di sentire. Perchè è così facile credere che esista? Nei nostri luoghi sommersi giocavamo a far l'amore fra le sentinelle degli eserciti e gli sguardi soffusi. Perchè è così bello mettere insieme parole che suonano dolci.
Nelle nostre strade distanti ci rincorrevamo sui pensieri per vedere chi raggiungesse prima quello dell'altro. Arrivavamo sempre pari come se ci ostacolassimo a vicenda per tutto il tragitto fino a raggiungerci. Cercavamo la vittoria per sentirci sempre più uguali, sempre più simili. Come gocce in un acquario giocavamo a non farci distinguere. Ce l'avevamo quasi fatta.
Nei nostri luoghi giocavamo a far l'amore perchè volevamo essere una cosa sola. Sentivamo rumori di cui preoccuparci senza smettere, consapevoli delle nostre splendide allucinazioni. Tremavamo all'unisono come se fossimo capaci di una catastrofe naturale. E lo eravamo.
Gridavamo il nostro amore per paura che non si sentisse. Abbiamo gridato talmente tanto che poi ci siamo storditi l'uno con l'altra. L'una con l'altro.
Ci stringevamo le mani per non farci scappare. Avevamo il guinzaglio per non morderci con i nostri occhi d'avorio. Sentivamo l'odore per riconoscerci come le zone poco nobili dei randagi. Eravamo animali per estraniarci dal mondo invidioso delle nostre parole talmente perfette da essere poco credibili.
Noi ci credevamo. Forse.
Ci ascoltavamo piano per pesare ogni frammento, ogni momento di angoscia del sentirsi così soli.
Credevamo davvero potesse durare per sempre.
Corro sola nei campi di grano atomico, nati per caso da una bomba ad orologeria. Grazie a Dio il mondo è ancora intero, così come l'ho lasciato. Forse anche meglio.
Un verde così bello non l'avevo ancora mai assaporato.

agrodolce/35

la vita è imprevedibile e certe situazioni non sai gestirle. come quando stai scaricando un film e invece ti esce un porno.

23 gennaio 2011

agrodolce/34

"persone come quelle bisogna trattarle con i guanti, o prenderle con le pinze".
"è vero: toccare la merda a mani nude non è il massimo."

22 gennaio 2011

io, onestamente non capisco.


io, onestamente, non capisco.

non capisco perché ci si ostini a dire che siamo in missione di pace ma i militari (artiglieri o simili, ma poi...se siamo in missione di pace perché ci sono gli artiglieri?) cadono giù come i frutti dagli alberi, con la differenza che se ti piove una mela dall'alto (a meno che non sia newton e scopra la gravità) la raccogli e la mangi, ed è una cosa buona, ma se cadono le persone, quelle no, né si mangiano, né si rialzano più.

non capisco perché se si va con una donna che si incontra una sera in discoteca si è un puttaniere, ma se la si porta "a palazzo" e si fa un festino "abbastanza" orgiastico no.

non capisco perché il pieno mi costi davvero, davvero un occhio della testa, e anzi, mi viene in mente che non ho mai sentito che qualcuno si sia dato fuoco o abbia dato fuoco a qualcosa, negli ultimi tempi (sarebbe morto e squattrinato, o piromane e senzauneuro).

e tante altre cose. ora ditemi, sarò scemo, ma voi riuscite a concepirle?

riuscite a giocare al "totosoldato in missione di pace: scopri chi sarà il prossimo!"? (io no.)

riuscite ad essere felici ché c'è gente che si spaccailculopermilleurodicomillemicasettemilaalmeseenonanotte? (io no.)

riuscite a non dar peso al fatto che "ohhh questo weekend facciamo una gita fuori porta!" e dato che il serbatoio langue il "fuori porta" è il centro commerciale? (io no.)

damn. onestamente, non capisco.

(forse, recrimineranno alcuni, questo post è "politicizzato", o forse realista. e perdonatemi lo sfogo, please. ah, un'altra cosa: non è detto che la mia posizione sia quella di tutti i colleghi di questo blog, anche se, se ci dovesse essere, qualche "compagno di scrittura" con analogo pensiero mi farebbe immenso piacere, sì, sì.)

21 gennaio 2011

Credo di dover iniziare dall'inizio. Eureka.

Distesi cercavano una soluzione.Era una giornata di novembre, cupa, fredda, come al solito. Le nuvole facevano del cieloun vecchio materasso. Sporco, consumato, di quelli che la mattina ti fanno svegliare con ilmal di schiena.Simile al materasso sul quale erano distesi loro. Loro erano due pseudobenpensanti, ragionativi e non razionali, romantici e poco sentimentali, cinici e speranzosi. Si chiedevano il perchè. In quella stanza, occupata da un letto, un piccolo comodino colorato, uno stereo e un curioso lampadario, veniva a galla la complessità del mondo. Tutto è più semplice in due. Anche la complessità. La compassione. Forse era quella a tenere così uniti i due. Due è un numero semplice, ma il più difficile da ottenere. Era su questo che si interrogavano. I pensieri erano l'unica cosa che riempiva davvero quella stanza. Rendevano l'aria così densa che il cielo fuori sembrava essere entrato nella camera e confuso con il soffitto. Erano soli in casa. Il silenzio era rotto solo dalle loro parole e dal suono di una dolce ballata. Il rock melodico concilia il pensiero. Sembrava di vedere le parole scritte nell'aria. Forse perchè scrivere era più congeniale a entrambi. Avrebbero potuto parlare per ore, giorni, mesi. Milioni di parole sarebbero rimaste impresse su quelle pareti. Sconnesse, simboliche e significative. Ma, nessuno dei due, in così tante risposte, avrebbe trovato quella alla propria domanda. Che poi era la stessa per entrambi. Forse ne erano consapevoli, ma l'atmosfera di quella casa, così vuota e profondamente piena, li confondeva. Li drogava, talvolta se ne rendevano conto. Ma l'oppio di quelle mura era così rasserenante che si chiedevano perchè non avrebbero dovuto goderne. E così fecero. Rimasero lì per giorni. Due pacchi di sigarette e un po' d'acqua. Non avevano bisogno di altro. Si cibavano delle loro parole. Uno di quelle dell'altro. Eppure, nessuna parola poteva saziarli. I due bohemiene fuori dal tempo combattevano contro quello che non c'era: una soluzione. Ci sarebbe voluta una rivoluzione linguistica per esprimere il perchè che cercavano. Il perchè del loro insieme. Il perchè la matematica sia un'opinione. Il perchè il due, a volte, significhi uno solo. Poi l'illuminazione. L'aria iniziò a diradarsi. La ballata era finita e le parole si erano improvvisamente bloccate. Un'alba. Una rinascita. Un abbraccio. Si addormentarono.

Nuovi arrivi.

Diamo il benvenuto ad una nuova arrivata nel blog, e siamo sicuri che la sua collaborazione darà sicuramente buoni frutti. In bocca al lupo...nel frattempo lei ha anche un altro blog, altrettanto interessante, che potete trovare esattamente qui.

In bocca al lupo.

clochard improvvisati.


è un po' che non mi faccio la barba.

comincio a tendere al grande puffo, con qualche centimentro in più e senza la gaia calzamaglia rossa. ah, già, non sono blu, e non ho una coda a forma di pene (si può dire sul web?) che mi spunta da dietro il culo (questa si può dire). però con la barba, quella sì, ci siamo.


20 gennaio 2011

ah, l'amour. (lei lì, bellissima, alla fermata...)


si innamorava lui, ogni volta che passava davanti quella fermata. e ciclicamente, lei era lì, a volte sì, a volte no. e lui era lì, sempre, ad aspettarla.






aveva proprio perso la testa.






poi però, rinsavì: capì - finalmente - che cinquanta euro davanti, ottanta euro dietro non erano il prezzo giusto per il vero amore.



dannazione.

19 gennaio 2011

st(r)ati d'animo - 8




#8 - lunaticità.

finisce così la serie di post che vi ha accompagnato per qualche giorno, e spero che siano stati di vostro gradimento.

otto immagini. ma con più di otto significati.

(da domani si ricomincia con post - quasi - normali. ah, una cosa: io, ovviamente, non sono possessore di queste immagini, che sono proprietà dei rispettivi autori. - il disclaimer dovevo metterlo -)

18 gennaio 2011

st(r)ati d'animo - 7


#7 - spensieratezza.

17 gennaio 2011

st(r)ati d'animo - 6


#6 - nostalgia.

16 gennaio 2011

st(r)ati d'animo - 5


#5 - stupidità (quella sana).

15 gennaio 2011

st(r)ati d'animo - 4


#4 - amore.

14 gennaio 2011

st(r)ati d'animo - 3

#3 - rabbia

13 gennaio 2011

st(r)ati d'animo - 2


#2 - felicità

12 gennaio 2011

st(r)ati d'animo - 1


#1 - apatia.

11 gennaio 2011

st(r)ati d'animo - prefazione


non voglio spendere molte parole.

partiamo dal presupposto che le sensazioni sono irrazionalità estrema, e quindi difficili da esprimere con le parole. è per questo che userò immagini, in questa serie di post (finita, a partire da domani), scovate nel web e raccontate da un pensiero flash di uno o due (tre? quattro? cinque?) vocaboli ché le parole, a volte, sono di troppo.

immagini. fermiamoci sulla bifrontalità del termine che racchiude l'essere visionario (un quadro, per dire) e l'essere concreto (una foto, ad esempio). le immagini sono un po' come noi: ci arrampichiamo sugli specchi per inseguire un sogno (visionari) anche se abbiamo la coscienza del fatto che non abbiamo artigli abbastanza forti e affilati (concreti), e quindi spesso scivoliamo.

otto immagini.

otto giorni diversi.

otto. inclina la testa verso destra e vedi "infinito". infiniti proprio come i nostri st(r)ati d'animo.

10 gennaio 2011

agrodolce/33

"la vita è come una scatola di cioccolatini". con la scadenza, c'è anche roba che non piace e alcune cose ti mettono mal di pancia. a questo la mamma di forrest non c'era arrivata.

9 gennaio 2011

Cinismo mon amour.

"puoi sopravvivere solo se nascondi la verità alle persone più care: così potrai proteggerle nel caso dovesse andare qualcosa storto."

l'ho sentita in un telefilm cinico e macabro, a tratti.

ma, cazzo, quant'è vero.

ci sono segreti che è meglio che rimangano tali, e in questi casi "be politically correct" se ne va a farsi fottere, ché i sentimenti che alimentano un rapporto sono roba che non appartiene a romanzetti di scrittorini di serie b (che ti insegnano a seguire il diagramma di flusso di un rapporto senza però tener conto che non siamo frutto della loro immaginazione, ma esistiamo veramente, e quindi siamo inspiegabili e imprevedibili).

i sentimenti non sono quella che si chiama fuffa, ma sono una cosa seria. talmente seria che a volte credo di non essere capace di provarne più. e invece, invece, vengo smentito nella peggiore delle maniere, ossia da me stesso: "sei tu a dirmi che non è che non ho sentimenti, imbecille, è solo che non voglio accettarli".

se devo dirvi la verità, questa non è la migliore soluzione, tra le due disponibili. non voglio "aver paura di provare qualcosa". preferisco non provare proprio, piuttosto che essere tramortito dalle mie stesse sensazioni. per cui, cinismo, entra in me, please, in maniera da non aver più segreti per tutta 'sta gente che mi gira intorno, va'.

8 gennaio 2011

domandare è lecito. rispondere è (purtroppo) cortesia.


"domandare è lecito. rispondere è cortesia." mi chiedo chi abbia inventato questo detto...secondo me qualcuno di molto pettegolo.

comunque, l'altro giorno mi hanno chiesto della mia situazione sentimentale. io sono scoppiato in una sonora risata. avrei voluto ridere così tanto da distogliere l'attenzione dalla domanda, ma poi ho dovuto rispondere e, dannazione, avrei potuto anche rispondere così:

"mi sono messo con la donna invisibile. gran sesso perverso."

"sto per sposare la donna della mia vita. è rimasta incinta. forse è anche la donna di un po' più sotto della mia vita."

"è bellissima. ha solo un gran difetto: l'alitosi. la mattina quando ti svegli affianco a lei sembra di essere ad hiroshima: il suo alito e nulla intorno."

"no, no, sono single ortogonale decaffeinato."
"capisco..."
"io non tanto."

"ci amavamo tanto, ma poi l'ho lasciata e non penso che mi perdonerà mai: la statale di notte è un brutto posto."

"non c'era più feeling. eravamo diventati come i "cugini di campagna" con quella cazzo di "anima mia" cantata con quelle tutine in una qualsiasi trasmissione televisiva".

e, infine...

"ho dimenticato un regalo di natale per te, che sbadato!"
"stai tranquillo, non fa nulla!"
"no, vabbè, comunque ce l'ho qua se vuoi."
"grazie, ma...cos'è?"
"un pacchetto di cazzi tuoi, la prossima volta che decidi di non farteli".

(per la cronaca, se per caso fregasse a qualcuno, ho risposto: "haha. bella giornata oggi, vero?")


7 gennaio 2011

Collaborazioni d'eccezione.


si fotomonta qui.

prodotti spettacolari...



...perché non c'è mai limite alla solitudine umana.

(ora ditemi, il senso qual è? non sarebbe meglio cominciare ad avere una vita sociale piuttosto che parlare con una macchina, essendo poi consapevoli che comunque l'ultima parola nella conversazione ce l'avrà lei? boh. Ci affanniamo tanto a ricreare l'essere umano, o meglio, la sua intelligenza, ma non abbiamo l'acume che ci permetta di concludere che, sì, forse dovremmo fare un "upload" della nostra personalità).

"Everyone thinks of changing the world, but no one thinks of changing himself." (cit.)

6 gennaio 2011

agrodolce/32(detto & sfatto - special extended version)


"quando mettono le mani su una cosa che è tua devi stare attento". ecco perché consiglierei di non far uscire la tua ragazza con il tuo migliore amico.

"attacca l'asino dove vuole il padrone". e l'asino, per inciso, è quello con le orecchie lunghe, eh.

"la migliore vendetta è l'indifferenza"...dicevi?

"non credo che le favole possino diventare vere". neanche io credo che tu possa azzeccare i congiuntivi ma, a volte, capita. (non ora, ma...)

"non so come descriverti quel momento, è stato magico..." hai partecipato ad una seduta spiritica? forte.

(ahimé, tutte sentite, queste, eh...compreso il congiuntivo che non si "ricongiunge" alla lingua italiana. auguri comunque, befane, e non portatemi carbone ché, nonostante possa sembrare il contrario, sono stato - abbastanza - buono.)

5 gennaio 2011

agrodolce/31

peccato per quelli intelligenti che non sanno essere stupidi, ché si perdono il lato geniale della vita.

4 gennaio 2011

agrodolce/30

anno nuovo, vita nuova. mavvaffanculo, va'.

3 gennaio 2011

"mamma mi ha fatto monella." mmh. dici?


bambinette che giocano a fare le "grandi", troieggiano nel bagno, facendosi foto davanti allo specchio, modificate poi con scritte e scrittine di un improbabile rosa shocking o foto ritoccate in maniera piuttosto indegna, per rendersi "belle" (come sopra, questa non si sentiva in pace con se stessa se non si ingrandiva le tette...ma vaffanculo va').

bambinette che parlano come il libretto di un disco techno.

bambinette che leccano lecca lecca per far vedere che loro "ci sanno fare" ma che non ancora capiscono che la sensualità è qualcosa di diverso di una foto sovraesposta e un chupa chups in bianco e nero e poi "ommioddio ma sei ancora tredicenne, ma che cazzo fai!?".

bambinette che poi partecipano ad improbabili "concorsi" su social network, popolati da altre bambinette che si atteggiano come quelle testé descritte.

cosa credete? di far venire la sindrome da stefano accorsi stile ultimo bacio ad un folto pubblico? (fermo restando che per quanto decerebrata martina stella ha comunque frequentato l'accademia d'arte drammatica e bla bla bla.)

sarò scemo ma io-non-capisco.

no. tua madre non ti ha fatto monella. tua madre ti avrebbe dovuto far recitare "monella". il film di tinto brass.

(questa gente qui scredita il quasi intero mondo femminile che, parbleu, è popolato da ragazze o donne che non hanno nulla a che vedere - per fortuna - con certi esseri.)

2 gennaio 2011

Pagine "utili".

Stiamo aprendo una pagina su Facebook. Se volete, passate qui

c'era una volta vasco (titolo da favoletta da fan e, invece no, è qualcosa di diverso.)

(ho passato due giorni in una sorta di stato che definirlo meditazione è riduttivo. ho pensato un po' per me stesso e a me stesso. e ne uscito fuori questo pezzo che, credetemi o no, con vasco c'entra poco e niente.)



c'era una volta vasco.

il grande vasco. non quello di oggi pieno di spot e riportini e luoghi comuni e "te, me, se, eh".

c'era il vasco che non aveva un cazzo di estensione ma come cantava lui non cantava nessuno.

c'era il vasco di tante belle canzoni, canzoni vere, canzoni che a volte sì, sapevano di ago in vena, ché l'eroina l'hanno provata in molti nel rock e lui ci ha perso pure un amico per quella merda.

c'era il vasco graffiante, il vasco che era un anti status symbol, il vasco che se tu ascoltavi vasco eri rock.

poi vasco è andato a puttane. probabilmente ci sarà stato anche prima,vabbè.

beh, dal momento in cui ha cominciato a starnazzare sui luoghi comuni, discograficamente parlando, non ha avuto più timpani per me, anche se da buon fan un paio di peccatucci li ho fatti.
ma ora vi voglio parlare di una canzone del vasco "buono".
vi parlo di "vivere", ché la vita non lo so come va, ché ho ventitrè, ventitrè dico ventitrè anni e sono ancora troppo pochi per raccontarli, e quando nascevo io appena cinque o sei anni dopo sarebbe arrivata quella canzone. ma la apprezzai in seguito, ché io, per fortuna o per mia sfortuna, guardo indietro, nel passato. in particolare quello che faccio, oggi, è soffermarmi su una frase: "oggi non ho tempo, oggi voglio stare spento", per introdurvi un paio di concettini.




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