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30 ottobre 2010

storie da macchina (o meglio "a casa").

la macchina ha il proprio fascino. e non mi riferisco al fatto che c'è differenza tra il portare lo "spiderino" di turno o la mia fiat uno, mi riferisco a qualcosa di un po' meno materiale.
la grande verità che vi sto per annunciarvi è che la macchina ha il potere di farci sentire a casa nostra. una casa su quattro ruote, senza aver bisogno del camper. cosa fai in una macchina? mangi, bevi, dormi, ehm... vabbè avete capito, parli, ascolti, e poi che fai? canti. sì, canti.
le migliori cantate me le sono fatte avendo come pubblico la plancetta della macchina e il parabrezza, e con strumentazione a base di autoradio. tutto questo per dirvi che, l'altra sera, torno a casa e vedo, attraversando la strada, una ragazza che in macchina cantava "ho imparato a sognare" dei negrita e sul momento del "...non smetterò..." ha chiuso gli occhi e ha sorriso. e ho sorriso anche io.

(ipotesi remota: dopo aver visto inception, e se quello che ho vissuto fosse solamente la proiezione di un mio ricordo, e non la realtà? quel film mi ha fatto male, per la cronaca, sì, sì. ne sono convinto.)

28 ottobre 2010

la geniale invenzione dell'apparire educati (come se fosse antani.)


ma quanto siamo perbenisti? ditemelo...quanto lo siamo? capita anche a voi di dover esprimere un concetto davanti ad una persona (un concetto estremamente complesso, non lo schema della vostra squadra preferita in champions league) e di guardare come quella persona, per educazione, ci risponda "è chiaro" quando poi non ha capito un beneamato della vostra teoria.
allora che succede? lì scatta la pietà: capisci che lui non l'ha capita e rispieghi il tutto. e senti un "ah!" ed è lì che quel suono ti conferma che avevi ragione.
ma perché cavolo dobbiamo essere educati? perché non possiamo dire "non c'ho capito un cazzo" eh? perché non possiamo comportarci seguendo il nostro istinto? oppure ci sono: altra occasione. io faccio una battuta, la persona ride, a stento, e trenta secondi dopo scoppia in una risata. perché? perché ci vergognamo di dire che non capiamo nulla? ma soprattutto, quando vediamo che qualcuno non capisce dovremmo "capire che è il momento di far capire"...chiaro no? (ne sono sicuro.)



27 ottobre 2010

cerotti.

i rapporti, mi veniva in mente, sono assimilabili ai cerotti oltre che ai confetti, come dicevo in un post di boh, agosto? luglio? non ricordo, uno di questi due mesi del 2010, se avete voglia spulciate e trovateli. mi spiego, anzi cerco di spiegarmi. possono capitare due alternative: o ti strappi il cerotto piano piano e soffri in maniera reiterata ma a "piccoli bocconi", oppure ti strappi il cerotto con violenza e "CAZZO FA MALE! ARGH!" e poi è rosso lì dove una volta c'erano i bulbi piliferi e ora c'è il nulla + ex cute lesa. in ogni caso, ogni volta che ti togli un cerotto, ripensi a quanto sei stato coglione a farti male, a procurarti la ferita, per poi farti una grande, fragorosa, risata.

25 ottobre 2010

neologismi.

il lunedì mattina è terribile. per me la settimana dovrebbe durare cinque giorni e mezzo, due dei quali solo domeniche, mattina, ovviamente. anche se la "cinque e mezzana" (con supplemento mattiniero) non è un nome così felice.

24 ottobre 2010

[...] i giorni [...]


Istruzioni per l'uso: Leggere con questo sottofondo musicale - o con quasiasi altro vi piaccia.

[...]le aveva detto tutto, non era riuscito a tener dentro. L'unica cosa fu che lo fece nella maniera piu' teatrale possibile. L'aveva urlato al mondo, almeno al suo di mondo, davanti casa sua. Lei non era uscita, aveva solo ascoltato tutto, senza parole. E mentre le sue amiche sghignazzavano e se la ridevano, lei non proferiva parola, ascoltava soltando. In silenzio.

E quel silenzio era pesante, e lungo. Erano attimi, ma a lei sembavano secoli, solo i suoi pensieri scorrevano inesorabili, senza sosta, come un fiume in piena. Ricordo' di tutte le attenzioni che fino ad allora le aveva donato, anche quelle che meno meritava, anche quelle che non avrebbe mai ricambiato.
Lui sembrava esausto, da troppo tempo aveva portato questo segreto dentro di lui. Doveva togliersi questo fardello. Doveveva liberare il suo cuore, doveva liberarlo davanti a lei. Solo a lei.
Ma non era riuscito a farlo. L'aveva fatto davanti a tutti senza nemmeno guardarla in faccia. Nonostante tutto non era dispiaciuto, si sentiva leggero, e forse non importava quello che lei avrebbe pensato. Perche' in quel momento, in quel momento era libero. In quel momento era lui.
Lei, annuiva, anche se lui non poteva vederla. Chiusa dentro la sua stanza, nel suo silenzio, il suo volto era rigato da una lacrima.
Lei che non aveva mai pianto.

Le sue parole non erano urlate, ma neanche troppo silenziose, erano un sussuro definito e scandito da emozioni. Quando fini' di "sussurare" si accascio' a terra e, senza parole, fissò la sua camera, come se sapesse che lei fosse li.
Lei... non era spaventata, e forse neanche tanto stupita: lo sapeva che sarebbe successo. Prima o poi. Si alzo' e si diresse vicino la finestra, nascosta dalla tenda, e osservo' quell'uomo, cosi' diverso rispetto a quando l'aveva conusciuto lei. Era diverso, dentro e fuori. Fu un attimo. I loro sguardi si incrociarono. Solo per un attimo.
Rimase per ore a guardare quell'uomo che aspettava che la sua Giulietta si affacciasse.

Ma quando, ormai, prese la sua decisione, quando lei usci'- affannata -
lo vide, sì, ma mentre si allontanava, in silenzio come era entrato nella sua vita. A piccoli passi, senza infastidire nessuno.
Lei...voleva urlagli di fermarsi, ma non lo fece. E fu l'ultima volta che lo vide. Ed un'altra lacrima rigo' il suo volto.

23 ottobre 2010

conseguenze.


"come diavolo hai potuto?"
"è stato un momento di debolezza, carlo..."
"...fottiti. anzi, a quello ci penserà qualcun'altro, credo. e dire che..."
"ti prego, capiscimi..."
"capire cosa? e dire che ci ho perso anche del tempo. pensavo che quel viaggio avesse cambiato qualcosa. pensavo che tu fossi cambiata in qualcosa. già, in effetti è vero: sei peggiorata. e la cosa che mi fa ribrezzo è che hai giocato con i miei sentimenti, mi hai illuso, ché già lo sapevi che io non ti avrei dimenticato, almeno per un po'. che saresti stata tu il chiodo fisso per un bel po' di tempo...sai quanto?"
"no. non lo so." (scocciata)
"due anni. due fottutissimi anni. e "spiccioli", naturalmente."
"stai messo male".
"no, sei tu che sei messa male. se riuscissi a guardarti allo specchio troveresti che sei diventata una persona spregevole".
"ma, cazzo, un attimo di debolezza, dai...non volevo..."
"però l'hai fatto. e non esiste "non volevo" o "attimi di debolezza": hai fatto così, te ne ciucci le conseguenze. non sono il tuo "bambolo gonfiabile", cara mia."
"'fanculo carlo."
"esci dalla mia vita. ora."
"avrai un grande vuoto."
"lo riempirò, credimi, e non sentirò di certo la tua mancanza."

(e poi arrivò chiara. carlo aveva ragione.
la tizia si era anche permessa, per la cronaca, di tirare uno schiaffo al povero carlo, giusto perché di merda, quel povero cristo, ne aveva ricevuta poca addosso, eh.
non so cosa faccia, lei, ora: è sparita. a me non interessa, tuttavia. men che meno al nostro carlo. giusto per essere chiari.)

21 ottobre 2010

ognuno ha la propria filosofia di vita (deliri vari)



ognuno ha la propria filosofia di vita, o meglio usa dei piccoli accorgimenti che gli permettono di migliorare la propria esistenza e, occasionalmente anche quella altrui (che non fa mai male). sono tanti piccoli stratagemmi che ti fanno sorridere e anche se sai benissimo che ci sarà una grande fetta di utopia in quello che stai pensando, non importa.

uno di questi? fantozzi, per esempio, per quanto dicano che c'è del vero nel ragionier ugo, spero non sia ispirato alla realtà.

oppure, tante volte mi è capitato (vi è capitato) di prendere l'ascensore con una coppia di assoluti estranei "reciproci". ecco, secondo me è capitato che le due personcine si conoscevano da una vita e stavano giocando a qualche strambo gioco di ruolo. non vi pare?

guardavate i transformers? io, da piccolo, sì. vi ricordate commander (o convoy in giapponese, o optimus prime per gli anglofoni)? un giorno, sogno che la mia fiat uno, lasciatami da mia nonno quando lui mi lasciò, si trasformi in questa specie di "robottone", alla faccia del traffico pescarese.

in ogni caso, se li conosceste o meno non cambierebbe nulla di quello che sto per dirvi: se un giorno dovessi pentirmi di quello che farò, potrei sempre premere il tasto reset situato all'interno di ogni cervello, anche se aprirmi il cranio non sarebbe la soluzione più saggia, mmh, no.

(da adolescente avevo un'agenda e come tutti i teenager, che termine abusato, scrivevo dei pensieri, e alla prima pagina c'era un cerino. perché? così mi illudevo che se avessi voluto cancellare i ricordi scritti lì mi sarebbe bastato solo far "cadere accidentalmente" il cerino altrettanto accidentalmente acceso su quelle pagine. forse era quello il tasto reset "simbolico"?)

cosa volevo fare? raccontare solo una fetta di me stesso, e nel frattempo aspettare il lampo di genio che mi faccia scrivere qualcosa di sorprendentemente "jamesjoyciano", non per guadagnarmi il companatico, ma per riscattarmi un po', sì, sì.

20 ottobre 2010

io volevo solo dirvi che, se poi, alla fine...


(non chiedetevi cosa significa. o lo capite subito, oppure non lo capirete. in tal caso tentate tra una settimana e provate a rileggere questo post, magari sarete più fortunati.)

io volevo solo dirvi che, se poi, alla fine, uno sorride tutti i cazzo di santissimi giorni, non significa che l'elettrocardiogramma della sua vita sia sempre regolare.

io volevo solo dirvi che, se poi, alla fine, uno canta in macchina da solo è una cosa bella, ma se canta speed metal è una cosa brutta.

io volevo solo dirvi che, se poi, alla fine, uno canta speed metal in macchina è molto meglio di un tizio che potrebbe cantare tante altre cose.

io volevo solo dirvi che, se poi, alla fine, la routine diventa piacevole, non è detto che sia una cosa tanto da pollice verso.

io volevo solo dirvi che, se poi, alla fine, uno comincia a scrivere così, non è perché si è dimenticato la lingua italiana, ma è che, oggi, e sottolineo oggi, mi sento un po' in un romanzo di enrico brizzi e anche se non mi chiamo alex d., anche se la "tardoadolescenza" l'ho passata già da un po', anche se "anche se" presupporrebbe tante altre motivitazioni che non vi posso spiegare, mi sento un po' protagonista di tutte queste castronerie apparenti che vi ho testé descritto.


19 ottobre 2010

...in Ritardo.[in_loop]

Immagine, gentilmente presa in prestito da Stefano Calisti

Non sembra vero ma mi succede spesso. Troppo spesso. Di fare ritardo. Ma non farlo, di costruirmelo proprio. Proprio come quando si monta un mobile Ikea con tanto di istruzioni.
Capita che cominci a programmare da quanto tempo prima devi iniziare a prepararti. Ma spesso i programmi saltano per sciocchezze. Come un bagno impegnato, una scarpa che non trovi o meglio la perdita momentanea di orologi, chiavi e cellulari...
Tutto questo se va bene ti fa perdere intorno a 5 minuti, nel peggiore dei casi (cioe' in situazioni combo bagno+scarpe+chiavi) ti fa perdere il doppio del tempo, facendoti innervosire terribilmente.
La cosa potrebbe finire qui....ma in queste situazioni, al ritardo non c'e' fine....perche' se esci in macchina, trovi o il cretino che sta facendo una manovra semplicissima ma con grande fatica, oppure (il peggiore) quello che cammina in citta' a 10kmh in una strada trafficata o a senso unico.
In quel momento sai che non puoi farci niente, ma guardi l'orologio in continuazione, come se il tempo lo volessi fermare.
Ed in quel mentre, immagini l'imbarazzo del momento in cui arrivi, a quello che puoi e non puoi dire, e preghi che non sia l'unico a cui sono capitate tutte quelle sventure...
Se pero e' un treno ad aspettarti e non una persona...beh la cosa cambia...nonostante in quei casi ti avvii per tempo, spesso dimentichi di non considerare quella serie di sfortunati eventi che possono capitarti.
Immagino ai ritardi di eventuali bus o ai semafori, tutti rossi...ma in questo caso, la serie non si fermerebbe qui, perche' puo' capitare che la fila per prendere il biglietto e' a dir poco colossale.....e speri che non ci sia quello che ci mette tempo, o il bigliettaio lento...ma spesso capita che li trovi entrambi...
...Capita pero', anche, che guardi l'orologio e pensi che hai tempo...ed invece, l'ora coincide con quella in cui dovevi essere pronto...beh in quel caso sei...

[questo post e' stato scritto il 4 ottobre, e tra una cosa e l'altra, e' stato pubblicato come se non bastasse...in ritardo]

17 ottobre 2010

grazie, wilson


non voglio essere politicamente corretto. non mi va. anche se credo che risulterò esserlo con questo post.

quando è capitato, un po' di tempo fa, ormai, di voler intraprendere nuovamente (ché l'avevo già intrapresa un'altra volta, ma causa esame di maturità e forse troppa poca maturità, non che ora ne abbia abbastanza, è terminata in maniera brusca e prematura) questa avventura, in compagnia anche di altra gente (e forse è anche questo che mi fa andare avanti, motivato) ero entusiasta. e lo sono anche ora, eh.

ero entusiasta, perché? perché avevo davanti a me la possibilità di trarre spunto da ciò che mi circondava per produrre qualcosa, qualcosa che era diverso dal dipinto o dalla canzone o anche dal libro. e per questo mi interessava e mi appagava. cosa alimenta questa possibilità? il fatto di vivere in un mondo, non deserto, cioè di non essere in un'isola stile cast away abitata da tom hanks e wilson, ma di avere intorno a me gente, di incontrare gente, di vedere gente, di sentire la scia d'aria che lascia, la gente.
ecco, grazie a lei (la gente) posso trovare lo spunto per scrivere i miei post, racconti o semplici scritti brevi con un esito apparentemente fine a sé stesso. apparentemente.
il paradosso? scrivere per un blog è un momento di solitudine che sfocia (altro paradosso) in un momento di incredibile comunità. e se ci pensate è fantastico, è fantastico vedere come due cose che cozzano come la solitudine e la moderna idea di "community" si equilibrino in un connubio perfetto.

una cosa mi sono accorto che ho imparato a fare, da quando ho intrapreso nuovamente questo "hobby serio": ad ascoltare, e a vedere (non a guardare, a vedere, capite la sottile differenza?). questo perché intorno a me, o tangentemente, accadono avvenimenti che mi colpiscono o anche che mi accarezzano e meritano di restare impressi. dato che la macchina fotografica non ce l'ho a portata di mano e che raccontarli è a volte troppo poco o lesivo di quella che chiamano privacy ma che credo sia più appropriato chiamare "diritto al cassetto personale della memoria", ho cominciato a "criptarli". e nascono così i post, che raccontano in maniera più o meno fedele, o anche "parafrasata" quello che ho vissuto anche in terza persona. forse nascere non è neanche il verbo più adatto: i post non piangono quando nascono, a volte fanno piangere prima, o meglio fa piangere ciò che è successo e che è stato criptato nel post stesso (e non è detto che non siano lacrime di gioia).

e così, un po', mi sento grato a tutti i "wilson" che mi fanno compagnia e, massì, facciamolo, ringrazio anche me stesso perché delle volte mi sento un po' tom hanks e la mia isola deserta, il blog, è quel "posto felice" di cui parlava il dr. cox in scrubs e in cui, davvero, nessuno può scalfirmi.

[c'è chi, di produzioni letterarie, ne ha fatto un blog, che per caso ho scoperto e che mi ha colpito. è questo qui]

16 ottobre 2010

incazzato. (ei fuuuu)

molti dicono che perdere la calma è una cosa che non si dovrebbe fare perché fa male, d'accordo, perché non è corretto, d'accordo, e tante altre cose. ma c'è un piccolo particolare: capita. e capita spesso. e la domanda che uno si deve porre non è se è giusto o meno perdere la pazienza, ma perché la si perde così spesso?

comunque, un po' troppo spesso succede che guardo la tv. e mi incazzo.
mi affaccio alla finestra. e mi incazzo.
apro la porta di casa. e mi incazzo.
mi siedo su una sedia scomoda. e mi incazzo.

mi posso rilassare davanti alla tv e fare la spola tra x factor e la partita dell'italia, ma poi quest'ultima viene sospesa. e mi incazzo.

la mattina apro la tracolla e vedo i libri universitari. e mi incazzo.
inoltre, vedo cose che non vorrei vedere (ché chiamarle persone è un complimento). e mi incazzo.

ascolto la musica e nel mentre mi squilla il telefono. e mi incazzo.

ho avuto una giornataccia, poggio il culo sulla sedia faccio per trovare il telecomando per poter vedere un po' di sana e decerebrata tv, ed è lontano da me. e mi incazzo.
mi stacco una pellicina con delicatezza e rischio invece di amputarmi una mano. e mi incazzo.
"esco esco, ci vediamo dopo" e invece non esce più. e mi incazzo.
fame boia. non c'è un cazzo in frigo. e mi incazzo.
"dormo, sì, stanotte dormo", poi non dormo più. e mi incazzo.

voglio un caffè, ma è domenica pomeriggio e i bar sono tutti chiusi. e mi incazzo.
ho fretta, prendo la macchina e mi accorgo che è miserabilmente in riserva. e mi incazzo.

e tante, purtroppo, altre situazioni. comuni. spero. almeno "mal comune mezzo gaudio". tiè.

(ci sono anche fumetti, anzi e - comics, su questo nobile argomento, e sono questi qui)

15 ottobre 2010

cassetti della memoria (comprati a ikea)

sapete, ci sono degli scomparti in quel cervello lì, che noi tutti (ebbene sì, noi tutti) abbiamo, che chiamiamo "cassetti della memoria". alcuni li chiudiamo e ci sbarazziamo della chiave in maniera molto molto semplice, altri li lasciamo aperti, altri che è la chiave stessa che vuole riaprire il cassetto e dobbiamo assolutamente sbarazzarci di quella chiave lì (tipo frodo nel "signore degli anelli", lo so, ho detto una nerdata, ora mi comprerò un paio di occhialoni tipo questi qui).
vabbè, senza divagare, ho aperto in un momento ben preciso tra quelli appartenenti al passato prossimo uno di questi cassetti e ci è uscito fuori un coniglio! no, che ci voleva uscire da un cassetto della memoria, se non un ricordo? (lo so, siete delusi, volevate il coniglio).

comunque. quando ero un adolescente con una incubante (nel senso che "fermentava dentro di me" e che mi dava gli incubi) acne giovanile ero solito riunirmi con un gruppetto di gente e a volte si faceva giochetti un po' frivoli, per passare il tempo, ché il motorino non ce l'avevi ma in compenso aveva tanta voglia di cambiare il mondo e di ascoltare musica. let me introduce: il gioco delle lettere...[sigla musicale anche un po' 20th fox] funziona così: ho l'alfabeto, e ad ogni lettera gli scarico su un qualcosa relativo ad un argomento prestabilito. noi lo facevamo con la musica. e il gioco era "artista album canzone". (se volete fermarvi al "racconto", fermatevi pure, vi risparmio una lunga lista di buona musica, a parer seppur modesto mio...)

- a -

alanis morissette / a day at the races (queen) / a great day for freedom (pink floyd)

- b -


- c -

cure / closer (joy division) / colpo di pistola (subsonica)

- d -

doors / dummy (portishead) / dreams come true (hammerfall)

- e -

europe (per tutti quelli che conoscono solo "the final countdown" e "carrie", no, non hanno fatto solo queste) / emozioni (lucio battisti) / empty spaces (pink floyd)

- f -

faith no more / falling into infinity (dream theater) / faithfully (journey)

- g -

goo goo dolls / gish (smashing pumpkins) / greed (amorphis)

- h -

hammerfall / hi-fi/sci-fi (dramarama, non li conoscerete, ma procuratevelo in una qualche maniera, ché quel disco lì è proprio un bel disco) / hearts on fire (hammerfall)

- i -

iron maiden / innuendo (ultimo, grandioso album, dei VERI queen) / i wish (skee-lo)

- j -

jamiroquai / just push play (aerosmith) / jeremy (pearl jam, video bellissimo...)

- k -

korn / karma (album dei kamelot, dovrebbe valere doppio!) / keep yourself alive (sempre loro, sempre i queen)

- l -

last goodnight (avrei detto led zeppelin, ma un po' troppo facile no?) / la domenica mattina (matrioska) / L.O.V.E. (non l'originale, quella cantata da joss stone, una delle poche soul women che vorrei vedere oltre che sentire eh eh eh)

- m -

troppo facile, metallica / metropolis pt. 2 (dream theater) / more than words (extreme)

- n -

no doubt / nome e cognome (bleah, il peggiore di ligabue) / no promises (shayne ward, quando un cantantino pop caccia fuori anche qualche bel pezzo)

- o -

ol' dirty bastard (baby i've got'cha money!) / ozzmosis (mitico ozzy!) /ore e giorni (persiana jones...sono un gruppetto ska punk bravini...)

- p -

panthera / portishead (omonimo) / pink (aerosmith)

- q -

queen (troppo facile, di nuovo!) / queen I (omonimo) / quella che non sei (ligabue)

- r -

radiohead / riot act (pearl jam) / resta cu' mmè (pino daniele)

- s -

stone temple pilots / silence is easy (starsailor, hanno una voce molto particolare) / shine on you crazy diamond (i mitici pink floyd)

- t -

the electric light orchestra / the number of the beast (iron maiden) / the trooper (per coerenza, iron maiden)

- u -

u2 / ummagumma (pink floyd) / under my skin (frank sinatra!)

- v -

velvet underground (hey baby, take a walk on a wild side!) / vol. 3: the subliminal verses (quei teneroni degli slipknot) / vermillion (parte 2, ché è più dolce, sempre degli slipknot)

- w -

wham! / what's the story (morning glory?) (oasis) / why does my heart feel so bad (moby)

- x -

XX (trip hop, provateli!) / x&y (coldplay) / xxx (negrita)

- y -

yes / yield (pearl jam) / you (radiohead)

- z -


[per chi ce l'ha fatta a leggere tutto questo, buon ascolto. ah, un'altra cosa: non ho mai perso, a questo giochetto qui.]

13 ottobre 2010

parliamo, come mangiamo (male).

premessa: ciò che viene descritto in questo post è visto in maniera molto "generale". non attacco nessuno, è un post ironico, anzi auto - ironico, visto che, un po', ci sono in mezzo anche io.

"è l'alternativa al quartiere dormitorio di lusso, il grande edificio macchina che comprende in sé una "città nella città", che nella società "massmedializzata" si presuppone come obiettivo la casa "di diritto" e non la casa "di fortuna". non so se sono chiaro."

e cioè? "edilizia sociale, o meglio case popolari".

"gli spazi minimal hanno la funzione di cambiare la vecchia concezione di "uso e abuso" dello spazio circostante, di razionalizzarlo, in un piccolo mondo che contiente una molteplicità di fruizioni."

e cioè? "ti sto vendendo un monolocale".

"la ricerca di continui incontri, il connettivo è una polarità aggregatrice che istituisce una funzionalità distributiva in stretta relazione con gli interpiani."

e cioè? "c'è una scala principale e ci sono gli ascensori. ah, sì, ci sono anche quei "cosi" lì, che ci si cammina, ah! i corridoi".

(riflettevo qualche giorno fa su quella tipologia di comunicazione per cui sono stato istruito. la mia facoltà (architettura) crea mostri. mostri della comunicazione. gente che non è diversa da un qualsiasi teleimbonitore di successo e che saprebbe pure convincerti che un'emerita cagata ha delle enormi potenzialità. ho ripensato a tutto questo e mi è passato un brivido lungo la spina dorsale. io non voglio essere un mostro.)

12 ottobre 2010

D'una sera d'eventi (...vista dagli occhi di un altro)



[...] Era un giorno come gli altri, anzi era notte. La notte, in quel periodo, era il mio giorno. Non perche' giravo tra locali come i tanti uomini della mia eta'. Io di notte ci lavoravo. Ero un guardiano, ed insieme alla mia torcia, controllavo che tutto filasse liscio. Come sempre la mia posizione non era delle migliori, poiche' costretto a controllare. Ed in molti casi a raccomandare le persone a fare piu' piano. Dovevo "limitare", era un compito che non mi stava bene, ma lo dovevo fare, era il mio lavoro.
Guardavo i giorni, i mesi gli anni passare in base all'affluenza di turisti che giungevano da molte parti del mondo. Vedevo qualsiasi genere di persone: educati, ragionevoli, casinisti e irrispetosi.
Quella sera, come tante, mi raccomandavo a dei ragazzi italiani, di fare piu' piano. Come sempre le mie raccomandazioni, troppo scomode, trovavano qualcuno che dissentiva, che non pesando le parole usava un linguaggio non proprio addatto alle circostanze. Ci ero abituato. Ma un gruppo si fermo' scusandosi dell'accaduto, e comincio' a parlare con me. Poche erano le persone, che provavano a sentire le parole di un guardiano. Cominciai a raccontare, la mia di storia, e vedevo che le loro faccie erano attente e i loro occhi seguivano il mio cuore....
Raccontai dell'America, di cosa sia stata per me l'America. Raccontai dell'Italia, del mio amore per lei e quanto mi ha ferito. Parlai dei miei sogni, di come ero riuscito, in parte, a soddisfarli. Dissi dei miei successi e dei miei sbagli.
Ricordo con piacere, le facce di chi oltre ad ascoltare, mi chiedeva come avessi fatto....volevano capire la vita, e forse chiedevano a me, che dentro di me ancora non l'avevo trovata.....almeno non ancora... [...]

11 ottobre 2010

l'ottimismo in autostrada (o sull'autostrada)


stamattina ho affrontato un viaggio. ho viaggiato e sono sceso (anzi, scriviamo "sono viaggiato" e "ho sceso" perché l'italiano non è più chic) da un mio amico pugliese per vedere un concerto di un bravo cantautore italiano (per farvi idea di quello che è stato trovate uno stralcio qui, anche se il video non rende giustizia, perché credo che un concerto non si possa raccontare, infatti il post non verterà sulla bellezza di questo concerto né su i suoi preparativi nè sulle stonature della tizia che canta in sottofondo al video, ma su altro).
a parte il fatto che a me la pioggia mette malinconia variegata ad un certo nervosismo, salvo il fatto che non guidavo io...ebbene ho notato un particolare inquietante. non bastava il tutor in autostrada a metterti ansia, non bastava l'autostrada stessa a farlo, non bastavano le code e gli incidenti, la pioggia, e tutto il resto, deviazioni comprese (ché ci siamo addentrati laddove ci portava la coda di auto)...c'erano loro: i pannelli a messaggio variabile. ma a sfiga costante (la velocità eccessiva causa morte, vai piano, se hai sonno potresti ucciderti e roba simile...avete idea?) ogni tot km è stata una grattata di coglioni.



10 ottobre 2010

lennon

è il 70esimo anniversario dalla nascita di JOHN....
non so cosa farei per vivere in quel periodo storico...
let it be

9 ottobre 2010

un paio di converse da diecimila lire, del mercato. (due caffè e una capanna.)

"ci fermiamo qui?"
"perché no, carlo, dai."
passò qualche minuto e arrivò la tizia degli ordini.
"due caffè?" (carlo)
"due caffè." (chiara)
"due caffè..." (carlo)
"due caffè. (la tizia degli ordini).
(trenta secondi di pausa.)
"bene. ora siediti ed ascoltami. sono qui, davanti a te, ed un po' la cosa mi da' i nervi e i brividi, ché nonostante queste parole le abbia studiate e ristudiate ora non mi vengono proprio. ho un blocco in gola. le mie corde vocali sono a traffico limitato."
"dimmi, carlo, dimmi."
"beh, non è semplicissimo. non avevo voglia di caffè. ho troppa caffeina addosso e nelle vene. sono diventato uno sponsor ambulante della mokambo (che, in aggiunta, per me la mokambo fa anche un caffè che fa schifo...tu non lo bevi senza zucchero e un po' tutti i caffè così sono mascherati, ma il mokambo fa proprio schifo eh...)"
"mi hai chiamata per farmi una lezione sui pregi e difetti del caffè?" (e intanto arrivarono e sbrigò lui la questione del conto, non senza un acceso dibattito sulla parità dei diritti femminili e quindi la rivendicazione di chiara dell'offerta del caffè. quel giorno, intanto, a malincuore, non aveva il diritto di pagarlo, quel caffè. eravamo rimasti? ah, si "una lezione sui pregi e difetti del caffè?")
"no."
"...immaginavo eh. arriva al punto." (pausa "celentaniana", accompagnata da un bicchiere d'acqua buttato giù, manco fosse whisky)
"ascolta, è un po' di tempo che ci conosciamo. e ci siamo conosciuti in un modo strambo. la voglia di blog che ho stampata in faccia ha portato frutti marci e buoni. tu sei uno di questi".
"un frutto marcio?" sorrise.
"no, chiara, non fare la scema" sorrise anche lui. "un buon frutto. un frutto dolce". (carlo si sentiva un po' sdolcinato in quel momento...che gli stava succedendo?). "ascolti i pain of salvation?"
"i pain of salvation? carneade, chi era costui?"
"odio quella battuta e odio quel romanzetto."
"stiamo parlando del primo romanzo della storia, porta rispetto".
"sì, vabbè, ora non fare come roberto, che non mi fa parlare, ché già è difficile".
"beh, dai, dicevi?" (con un tono tra il sarcastico e l'interessato).
"dicevo che questi qui, questi pain of salvation, hanno fatto una canzone bellissima. si chiama second love."
"...e quindi?" (sembrava gli volesse tirare fuori le parole di bocca)
"beh sai in questa canzone c'è lui che da quando se n'è andata non riesce più a dormire, e si tormenta e..."
"roba allegra, quindi..."
"eh." (infastidito variegato triste e con crema allo "sguardo in basso".)
"vai avanti."
"bene. quel tizio lì sono io. io non dormo più la notte. ormai vado avanti con le canzoni. da samuele bersani ai pain of salvation passando per tracy chapman, arrivando persino a toccare gli slipknot (sì, lo so, sono brutti, sporchi e incazzati, ma sotto sotto sono dei teneroni...)"
"...non li conosco."
"li conoscerai."
"il piacere sarà mio." (carlo adorava l'ironia di chiara)
"ok, allora, le cose stanno così: la notte io non dormo. e penso a te. io sto davanti al pc e penso a te, per strada cammino e penso a te..."
"...versi inediti di battisti?"
"finiscila. ché già è difficile. mi sento un brufoloso quindicenne in questo momento. anzi, i quindicenni di ora sono un po' più sfacciati. mi sento un brufoloso quindicenne degli anni novanta. ho sotto questa polo una camicia a quadrettoni di flanella e sotto a questi jeans un paio più malandato e candeggiato accompagnato da un paio di converse (le scarpe di pippo, non quelle di ora, quelle che prendevi a diecimila lire al mercato, per intenderci)... il punto è che...io mi sono accorto che tu sei diversa. sei diversa da quell'altra. sei diversa da tante altre. e sei anche diversa da me, anzi non diversa: sei complementare. e io ero rimasto a metà, ché l'altra metà se l'era portata via un'altra persona, rubandola e senza nemmeno chiamare per un eventuale riscatto, ma poi sei arrivata tu con la tua "personalità e mezzo", e mi hai riempito. cerco di essere meno da "via col vento" possibile, non mi piace il patetismo, ma sostanzialmente c'è il fatto che tu mi piaci" (e improvvisamente carlo si sentì il viso pieno di acne giovanile)
"mi sono spuntate le trecce, mi è venuto fuori un grembiulino e le gambe storte, mi sento un po' bambina, sai?"
"non voglio essere infantile e non voglio che tu ti senta trattata in questo modo"
"no, non voleva essere una critica. è solo che...solo che non mi lasci indifferente come un soffio di aria che mi sfiora e dopo di che rimane nulla (che poetessa, vero?), neanche il ricordo di quel soffio. è che sei un po' di più di un soffio d'aria. ma io non so chi sei. io non posso dirti di conoscerti. qualche mese non può farti conoscere solo che un pezzo di quella persona."
"ascolta, chiara. io non mi sto mettendo ai saldi. non nascondo i difetti di fabbrica del prodotto per poter essere comprato dalla prima persona che passi. io sono un pezzo fuoriserie, solo per te. e non voglio che nessun'altra mi prenda."
"wow."
"wow? mi stai prendendo in giro?"
"sì, un po' sì, mi diverte vederti in imbarazzo, ma non sono così brutta dentro per dire che un po' non mi dispiaccia..."
"...e?"
"...e c'è che tu sei diverso dagli altri, e questo lo avevo capito, parlando seriamente. spero solo che la personalità che tiri fuori sulla rete non sia uno "stato d'essere fantoccio", ma che tu sia davvero così...io ora non so che dirti."
(una tonnellata di mattoni in testa a carlo, in questo momento)
"mi stai tagliando fuori?"
"al contrario. io voglio capire meglio chi è carlo."

[due settimane dopo carlo e chiara erano diventati un personaggio mitologico androgino a due teste e un cuore solo...dopo che, una sera, con il pretesto di una cena, come i cani si erano annusati intorno per un paio d'ore e poi era successo quello che era successo.]




8 ottobre 2010

...oppure no? (chiara. molto chiara. quasi abbagliante, a mio avviso...)

"ehi la roma questa domenica non è andata proprio eh...li vedo un po' troppo demotivati. e poi, poi una squadra con quel modulo non so...è inconcludente..."
"...ho conosciuto una tizia"
"grazie per la considerazione eh. stavo parlando. dai non ce la faccio. non sto nella pelle. dimmi come si chiama. non lo vedi come trepido? sono impaziente come un blocco di marmo. e intanto la roma se ne va per la tangente..."
"comunque grazie eh, meglio la roma che carlo. vabbè, me la sto segnando. se ti stessi rivelando il decimo segreto di fatima (a quanti siamo...tre?) tu mi diresti "non posso, c'è la roma!"
"falla finita. sei un escremento di permalosità. e, dimmi, come si chiama la tizia?"
"sei un amico. oltre ad essere uno degli autori del galateo eh. comunque...chiara."
"ma chi...chiara moretti? la nostra compagna che seguiva il corso, un po' di tempo fa, ché lo sappiamo solo noi cosa abbiamo fatto per uscire da quel bucodiculo di università, dai, il corso di marini?"
"no, no, quella altro che chiara, quella è chiara solo di nome! quella è nera come la pece, dentro si intende eh, ché se la vedessi diresti che è un'irlandese"
"ah beh. ascolta, chiara moretti è un certo discorso, anche "abbastanza serio", non so se capisci, secondo me...comunque cos'è 'sta storia della scura dentro? sei un po' patetico lo sai? un po' non ti riconosco carlè..."
"no vabbè, è una vita che mi conosci robè, prima l'università e poi tutta 'sta storia qui del lavoro e poi il blog e tante altre cose, ma sai che c'è di nuovo? c'è che chiara è diversa..."
"lo dicevi pure di quella lì, quella del viaggio, che ci hai sprecato ore e neuroni per colpa sua."
"senti, "quella lì", come la chiami tu, è un frammento che non posso buttare né rinnegare. è...passata. punto. e non ci penso nemmeno più. vabbè sì, un po' il ricordo c'è ma, per dire, il cane non si può sbarazzare della coda, se la porta sempre dietro, no?"
"i pincher non hanno la coda."
"era per dire..."
"lo hai detto in maniera orrenda, ma lo hai detto, questo è vero..."
"vabbè robè. non interrompermi. ti dicevo..."
"si ma questa qui la conosco?"
"no."
"dimmi che fattezze ha, allora."
"oggesummio! fammi parlare. ti ricordo che per quanto era interessante per te mi hai paragonato ad un blocco di granito."
"marmo."
"granito, marmo. non vendo pavimenti, è la stessa cosa."
"non proprio..."
"mi fai parlare???"
e disse a roberto che lei era chiara di nome e di fatto, la pelle aveva "sete di melanina", ma non moriva "disidratata" (roberto non capì molto, stava pensando alla roma, comunque, per la cronaca, chiara era "chiara", ma non troppo). capelli scuri e un paio di occhiali le davano il giusto tono un po' intellettuale, ma non troppo che carlo cercava. era magra, ma non non troppo. potrei descriverla per ore e continuare ad ammorbare con un'improbabile lezione di anatomia su chiara, ma sinceramente non credo sia il caso, lasciamola a carlo, la sua descrizione anatomica, ché la conosce, ha gli occhi a cuoricini (vi ricordate hello spank? uguale a lui) quando la vede (sono uno stronzetto sarcastico, me ne rendo conto, ma in fondo sono un buon amico). mi limiterò a citare indirettamente solo una cosa che devo dire le fa onore: la sua caratteristica era quella di essere fottutamente normale. e questo la rendeva speciale.
alla fine carlo si era stufato di certi tipi come la tipa di cui parlava roberto che erano "un po' l'opposto" di quello che lui veramente voleva. ripeto, non che non ci fosse stato bene. ma, ora, aveva una nuova vita.
comunque, chiara aveva questo bel paio di occhi castani che quando sorrideva le si illuminavano, e questo piaceva a carlo, che si perdeva nei suoi discorsi che reputava interessanti sempre e comunque.
una volta, a me, per esempio, raccontò di aver portato avanti con lei un acceso dibattito sulle padelle antiaderenti. se avessi avuto il porto d'armi gli avrei sparato. o forse mi sarei sparato, e non va bene! non sono discorsi che vanno da qualche parte...quei discorsi lì, sulle padelle, muoiono...stavo raccontando? ah già. i discorsi di chiara, ma non solo quelli lo rapivano, il nostro carletto mi sa che si era proprio innamorato. di nuovo. ma stavolta, stavolta eh, era vero, eh, lo disse anche a roberto. no, vabbè, stavo scherzando. oppure no? (vabbè, ora vado. comunque io, che sono solo un amico di carlo, non impazzisco per chiara. la follia la lascio a lui, sperando che sia una follia "ragionata")

[to be continued? non so quello che capiterà a me tra dieci minuti...quindi...]

7 ottobre 2010

Endorfinizzato

Fare un pó di attivitá sportiva si sa fa bene, ma nel mio caso c'é qualcosa di piú. Stamattina sono andato a fare la mia corsetta, man mano che correvo mi sentivo di umore migliore, strano pensai, dovrei essere stanco ed incazzato, invece no, ero contento. Al ritorno in paese pure il paesino sembrava piú bello, una persona ti saluta, una ti da il buon dí. Il quadretto era stupendo. Sapevo che era l'effetto delle endorfine, ma in que frangente preferii pensare che il mondo intorno a me era realmente stupendo. Vi consoglio di probarlo. Ciao e buona giornata a tutti.

tivvibbì

un altro post adorabile.

ti voglio bene (classica, ce l'aspettavamo tutti: "oh, che gentile!")
ti voglio buttare ("ehm...in che senso?" "nel senso che mi fai senso e mi sbarazzo di te!")
ti voglio bruciare ("il fuoco della passione?" "no, l'inceneritore, sei un rifiuto")
ti voglio baciare ("che dolce, lo sapevo che scherzavi", "mica tu, spostati, quella dietro di te")
ti voglio bastonare ("ma perché?" "tutto pur di non dirti tivvibì come federico moccia, da qui il termine mocciosi, secondo me")
ti voglio bollire ("il sapore che hai è qualcosa di speciale" "uh, che dolce" "no, no, il dolce dopo, ora ci sei tu.")
ti voglio bere (per assonanza)
ti voglio bestemmiare (eheh)
ti voglio biasimare (anche se la ragione è dei fessi...no forse hai ragione...)
ti voglio bronzare (monumento commemorativo)
ti voglio brevettare (secondo me ti hanno inventato, non esisteva un essere umano come te, prima)
ti voglio brillare ("come una stella?" "no! come una bomba!")


(sono contro la violenza. sia ben chiaro. se non capisci l'ironia, tivvibbì.
seriamente, comunque, la "violenza di carta" è un conto, la violenza reale è tutt'altra cosa. chi viola le altre persone, in qualsiasi modo, fisicamente o psicologicamente è, senza usare raffinatissime espressioni, ché tanto non se lo meritano, una merda. tra l'altro questo è un post che prende in giro tutte le smancerie che si dicono le coppiette tipo "amorini". questo per dire, che non si deve essere necessariamente teatrali per dimostrare qualcosa di potente nei confronti dell'altra persona.)

5 ottobre 2010

A matter of empathy (storia vera, dal titolo inglese, ma dallo svolgimento italiano)


voglio raccontarvi una storia. direte "che novità!", ma questa è una storia diversa, è una storia vera. una storia che parlerà di un sentimento che forse esiste, forse no. sto parlando dell'empatia.

lo scenario:

ok. io vivo in una città piccola siamo 60000 anime, circa, per quelli che l'anima ce l'hanno ancora e a queste 60000 bisogna chirurgicamente sezionare gli abitanti della città alta (storica) dalla città bassa (commerciale e industriale). ah per la cronaca io abito nella città bassa, e non voglio fare campanilismi. non è la sede adatta.

dicevo. quando hai quattordici anni e non hai un motorino l'unica cosa che puoi fare per muoverti è o diventare un maratoneta e muoverti by yourself o prendere l'autobus che ti porta sopra, in collina, per fare una camminata lungo il corso (le cosidette "vasche").
ebbene quel giorno, guardacaso, lasciai perdere la maratona e presi l'autobus per salire. c'era (e c'è ancora, e mi ha fatto specie rientrare in quel posto dopo nove anni e trovare gli stessi proprietari, UGUALI, tranne la ragazzina che io chiamavo "trilly" e che ora non è più ragazzina, molto carina, direi) un bar, al centro di una piazzetta, di cui non posso dirvi il nome, ma mi limiterò a dire che questo posticino:

  • è diventato un bar di moda (e sono contento)
  • è situato davanti al liceo classico e affianco ci sono i portici e la camera di commercio, e dietro i templi romani. chi è del posto avrà capito.

ma non è questo il punto. il punto è che ci si ritrovava per prendere un caffè o se eri più spavaldo una birra perché sì, "avevi quattordici anni". quel giorno non volevamo dimostrare nulla a nessuno, e perciò optammo per il caffè. ad un certo punto ci accorgemmo che un tizio, si era rivolto a noi dicendo che avevamo l'età di suo figlio, e che suo figlio stava male. lo ignorammo, quasi, si sa cos'è la diffidenza (che è una brutta bestia, e purtroppo lo ignorai pure io, mi vergogno a dirlo, tuttavia mi incuriosì), ma quando, dopo cinque minuti si avvicinò e ci offrì tutto quello che era sul tavolo perché lo avevamo ascoltato decidemmo di starlo a sentire.

un reietto. un rifiuto, secondo la società, almeno. era alto, un armadio, barba sfatta e mascella definita, se non sbaglio aveva anche il suo nome tatuato, ed indossava una maglietta a maniche corte, e un paio di pantaloni, bianchi entrambi. alcolizzato, da quello che ci diceva, e lui si girava i bar della città alla ricerca ogni volta del suo "nettare vitale". una storia abbastanza triste, se contate che era caduto in depressione da quando suo figlio stava male. ancora più triste, se pensavate al paragone con una sorta di fantasma condannato fino alla fine a subire.

ora, io ero amico di altra gente rispetto ad ora, ma la cosa che mi colpì, fu la predizione che mi diede...mi guardò negli occhi e disse "tu, un giorno scriverai, e la gente leggerà, e io, mi ricorderò di te quando leggerò il tuo nome". io volevo fare il giornalista, o comunque scrivere, e lui me lo aveva predetto. fu un momento di grande empatia, alla quale credo, anche se alcuni la reputano una boiata pazzesca.

vi rendete conto? questo tizio che conoscevo da venti minuti mi aveva già capito e gente che conoscevo da una vita (relativamente, che "vita" è una vita lunga quattordici anni? troppo acerba per definirla vita) stentava ad inquadrarmi.

ora, sono passati nove fottutissimi anni e questa frase me la ricordo come se ce l'avessi davanti, nico, ché così si chiamava. io non so chi era, nico, non lo vidi più se non un'altra volta, e io lo chiamai e lui mi riconobbe. in nove anni, una volta sola. mi piacerebbe sapere che fa, e magari mi piace pensare, che, forse, lui stia leggendo queste pagine e stia dicendo "avevo ragione". magari suo figlio sta bene ora. magari lui non beve più. magari si ricorda ancora. mi piace pensare tutto questo, perché questa è una storia vera.

(questa storia è venuta fuori l'altro giorno parlando con michele_d, che mi ha ricordato di quando gli raccontai quel fatto. grazie, michè.)

4 ottobre 2010

Metro_Poli_Tan


[...]li' dentro era tutto un altro mondo, un mondo che non aveva cielo. Il cielo era la terra che sovrastava la sua testa. Si osservava intorno cercando di capire perche', in un attimo, tutto era cambiato. Luce a parte, le persone camminavano in coda, correvano o si intrufolavano in qualcosa che li facesse fuggire pernonsodove. La frenesia era talmente tanta che la gente non faceva caso a niente, guardava nel vuoto, o osservava le direzioni delle linee che doveva prendere per arrivare in chissaqualeposto. L'aria che si respirava laggiu' era diversa, non che puzzava, era surreale...surreale come i volti delle persone che raccontavano, nella loro breve permanenza, un pezzo della loro storia. Storie belle, storie brutte, storie che finivano ed altre che stavano iniziando o trasformandosi in qualcosa di diverso.

Era incuriosito da quello che stava, nel suo cuore, provando, e si sedette su una di quelle panchine che erano consumate dalla usura della loro delirante vita. Si accese una sigaretta e ricomincio' a guardare la realta' che gli scorreva intorno.

In questo mondo diverso da quello di fuori, anche i suoni sembravano diversi, erano suoni di stress, velocita', di voci. Cupi.Una sorta di cassa di risonanza che portava tutta la sua irrequietezza fuori. Non c'era giorno e non c'era notte, solo i grandi orologi scandivano il passare del tempo, tutto uguale in quel posto. Uguale come il clima, dettato solo dalla gente che subiva il suo gioco all'esterno.
Aveva tanto da raccontare quel posto, ma ormai la metro stava arrivando, e con occhi attenti a qualsiasi particolare, entro' e ando' via anche lui in chissaqualeposto.[...]

il fu francesco.


"si spegne all'eta di 23 anni il nostro amico francesco. un'esplosione cerebrale è la causa del decesso. dolore, e fastidio, per aver creato un grande boato, oltre ad aver sporcato anche le pareti della casa."

ma voi vi rendete conto che cosa provereste se da un giorno all'altro vi svegliaste...morti? cioè, se tutto il mondo fosse convinto della vostra morte che cosa dovreste fare? sarebbe divertente ed inquietante allo stesso modo.

la prima sensazione sarebbe quella di un certo panico. poi, per sdrammatizzare, proverei a fare delle cose insolite...che so? magari girare per la città con un lenzuolo addosso (visto che mi crederebbero fantasma se mi vedessero, meglio prenderla a ridere no?) oppure mandare la mia storia a barbara d'urso riempiendola di fazzolettini e pianti e fare un sacco di soldi postumi...no no no ce l'ho! attraversare le porte come se oltrepassassi un muro facendo un verso tipo "swooosh!" ad ogni passaggio.
poi, sicuramente manderei un messaggio a tutti i miei amici, dicendo "sto bene qui, non abbiate paura, presto ci rivedremo".
e poi appostarsi davanti casa della tua ex e, previa incipriatura del volto, gridarle al suo passaggio "io ti porterò con me...stanotte" con la voce di una linda blair a cui hanno operato una tracheotomia (avete presente linda blair? "your mother sucks cocks in hell"? la tipica ragazza della porta accanto!)
imiterei anche quel video truccato che gira su youtube in cui c'è la tizia tipo fantasma che fa l'autostop (che secondo me, direi ovviamente, è un fake bello e buono) giusto per far scagazzare un po' di persone...sarebbe bello spargere la voce in giro! oppure ce l'ho: comprare un registratore, piazzarselo addosso e montare in loop una musichetta da film struggente tipo "climax & pathos".
e tante altre cose. ma tante.
peccato non chiamarsi mattia pascal, ma francesco, ché sennò sarebbe stata tutta un'altra cosa, nella mia nuova vita, e forse l'avrei presa un po' più seriamente.

(sì, lo so, ha poco o nulla a che vedere con la trama dell'opera, ma tutto ciò era solo per dire che a volte sarebbe bello poter ricominciare tutto dall'inizio...)

3 ottobre 2010

io vengo dalla luna [cit.]

[...] e, sai, io mi ricordo di questo tizio qui, che aveva trentacinque anni e aveva preso quando ne aveva diciotto e aveva detto "ciao ciao" alla sua terra. beh, questo tizio era stato piantato in senegal, e lì era cresciuto, ma dato che non c'era più spazio per lui se n'era andato via e aveva trovato l'america in america. lavorava per un negozio di grandi firme, nonostante fosse "nero", nonostante fosse "diverso" (!) e guadagnava 4000 (quattromila? quattromila!) dollari al mese e aveva la bella bella sensazione che il suo sogno si stesse realizzando. incontrava gente di tutti i tipi: si sa, new york è il meltin' pot (crogiuolo, che parola buffa) del mondo. la sua vita era stata cambiata in base a quello che diceva il suo istinto (ché, in fondo, siamo tutti animali, e gli animali hanno l'istinto, lo diceva pure merlino che era così, quindi credetegli, a quel merlino là) ed era proprio contento di aver inseguito il sogno ed averlo realizzato. ma poi, poi gli è venuto in mente di entrare in italia e qui da noi, si sa, non è l'america. ora, senza scadere nel "luogocomunismo", si sa che il nostro paese (che ora è anche il suo) è un po' con la puzza sotto al naso, e questa puzza sì che si sente, e quindi si trovava a dover lavorare prima come ambulante, a fare il lavoro con cui etichetteremmo, da stupidi, tutti gli appertenenti al continente africano, e cioè vendere i cd e poi come una sorta di "metronotte da campeggio" in cui evitava che gli ospiti piantassero grane ad altri ospiti. ma stava bene, cazzo. stava bene. e gli piaceva la sua vita. e lo sapete perché? perché aveva inseguito i suoi sogni e non aveva dato retta a chi gli consigliava di lasciar perdere ché, secondo gli altri, era una follia.

(mi immagino, questa cosa qui, che la racconterò tra dieci anni. in realtà l'ho saputa qualche giorno fa, e meritava, secondo me, di essere scritta.)

2 ottobre 2010

Per Bacco!!!!!!!!

Ciao a tutti gli affezionatissimi lettori, quest'oggi volevo ricordare a tutti voi che sia per chi come me l'ha vissuta, sia per tutti gli altri, la vendemmia é finita. Fatto che in se ha poco senso non fosse che significa che sta per arrivare il vino novello ahahahah.
Lo aspetto con gioia e chissá che non si possa brindare tutti noi del blog seduti ad un tavolo.
Ciao a tutti.

Un altro anno che inizia...

Ebbene si, ci siamo! Anche quest'anno, dopo un'estate fatta di svago e fancazzismo, ritorna l'autunno e con esso la routine!
Ci avviamo verso un nuovo anno accademico, pieni di dubbi ma anche di speranze, visto che ormai in questo mondo non c'è più nulla di certo ma nessuno può impedirci di sognare!
L'anno si apre nel peggiore dei modi, ovvero con le proteste e le agitazioni dei ricercatori precari...Nulla di più giusto! E' così avvilente e umiliante studiare tanto, conseguire 2 lauree e un dottorato...Per cosa? Per andare avanti con 900e al mese (nel migliore dei casi!), vedendo che una qualunque idiota che agita il culo in tv guadagna la stessa cifra in un minuto...E poi i soliti nepotismi, clientelismi, raccomandazioni, docenti altolocati che piazzano il figlio, la nipote di turno...
Beh che dire, dal canto mio cercherò di mettere il solito impegno in ciò che faccio, tentando di non pensare a quanto possa essere amara la vita, altrimenti non andrei da nessuna parte...
Mmm...Con l'autunno è tornato anche il freddo, per non parlare dell'umidità...Il segreto per affrontare lo studio e il clima autunnale? Armarsi di forza di volontà e un buon cappotto! In bocca al lupo a voi tutti!

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