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5 dicembre 2012

Biblioleicofobia



Scrivere: una cosa che mi ha sempre appassionato ma di cui avevo una paura matta, tanto tempo fa. Poi si cresce e si impara ad affrontare certi problemi, per capire se sono tali. E forse lo sono.
Mi sarebbe servito soltanto qualcuno capace di scrivere e con briciolo di pazzia, per poter pensare di aprire un blog. Dopo un minuto passato a riflettere come fare, ci siamo subito arresi. Soprattutto perché il concetto di “aprire” non ci era abbastanza chiaro e ci siamo limitati a creare uno “spazio” con un dominio. Poi mi dissero che così si “apriva” un blog. -“Ah si?”- questa fu la mia risposta.

Avere uno spazio, seppur comune, dove buttare le proprie idee, i propri lamenti, qualche racconto, numerose cazzate e qualche sfogo è un cosa non da poco. Non da poco perché quelle cose rimangono scritte, impresse nel web. Qualcuno le legge, le condivide e forse le fa sue. In quel momento potrebbe rifletterci o semplicemente annoiarsi e chiudere pensando: “sempre le solite cazzate”. Oppure ridere pensando: “sempre le solite cazzate”. O entrambe (a causa di lettori bipolari).

Ci sono momenti in cui in quello spazio si vorrebbe vomitare la propria vita e ci si limita a scrivere qualcosa di piccolo e delle volte in cui, nella vita, tutto gira talmente velocemente che non si ha il tempo per scrivere qualcosa che quel qualcosa è già passato. Così quello spazio rimane vuoto proprio perché la vita gira un po’ per tutti e quel poco che ogni giorno scrivevamo sopra, ora ci sembra passato.

Così che ogni giorno che passa vedo quello spazio vuoto e mi ritorna la paura. La paura del foglio bianco, quella vecchia fobia che avevo anche a scuola, quando il professore di turno ci propinava quel tema a piacere di cui non me ne fregava una fava.  Quella paura che per un periodo avevo superato, avevo sconfitto e di cui ogni tanto affiora.

Ebbene si ho paura dei fogli bianchi. 

23 settembre 2011

Autunno


Cambiano le giornate, piu' nuvolose e piu' buie. Dove il grigiore del cielo mischiato al gioco delle nuvole disegna strane forme, per far divertire l'occhio e la mente di chi guarda. Il vento, che oggi non si placa, si diverte a piegare le cime degli alberi, ad alzare un po' di polvere e a percuotere, incessantemente, contro i vetri di casa mia. Le temperature hanno fatto riprendere le felpe messe via qualche mese fa e cominciato a farti godere del tepore della casa, ora ne' troppo calda ne' troppo fredda. La poca luce che le nuvole irradiano, insieme a qualche raro raggio di sole, rende i colori della natura piu' contrastati, dando uno spiccato risalto ad ogni dettaglio. Ora che l'Autunno non e' ancora cominciato mi accorgo che dell'Estate rimane solo un ricordo, lasciandomi solo delle flebili traccie. I suoi fantastici colori.

30 agosto 2011

Perso (2)



Inserisci link(la prima parte la trovi qui)
(leggi e ascolta)

Il cielo era grigio a tratti, una parte di azzurro si affacciava tra qualche nuvola qua e la. Nei momenti che la luce solare lambiva il terreno, un leggero caldo arrivava alla sua pelle. Nella strada non c'era nessuno anche se l'ora non era cosi' tarda. Era uno di quei rari momenti in cui ti senti quasi il protagonista di un quadro, o meglio di un film. I palazzi davanti a lui si alternavano, alcuni erano alti, altri chiamarli palazzi sembrava quasi uno scherzo. In quel momento una bambina passava con il suo gelato appena acquistato. Se lo stava gustando, poiche' la sua concetrazione era tutta sulla prelibatezza che aveva tra le mani. Sembrava contenta e soddisfatta. La sua faccia non troppo pulita mostrava che la voracita' era proporzionale al suo grado di felicita'. Un cane vicino a lei provava a vedere se qualche goccia cadeva a terra per poter rubare, anche lui, i suoi attimi di soddisfazione. Scondinzolava ma la bambina non gli dava retta. Ognuno di loro aveva un obiettivo che non distoglieva i loro sguardi. Kim guardava senza alcuna espressione mentre beveva una birra. Il suo viaggio sarebbe continuato. La strada di casa era ancora lunga e di fermarsi non aveva alcuna voglia...

21 luglio 2011

Come va



Non sono mai stato prolisso nell'essere me stesso. Mi sono sempre fermato ad una sana e costruttiva sintesi. Soprattutto con le persone a cui non avevo nulla da dire. Mi sembra, delle volte, stupido chiedere "come stai?" se ad entrambi non interessa lo stato dell'altro. Delle volte e' necessario, ma vedo di usarlo in pochissime occasioni. Spesso, avrei tanto da dire, ma per non annoiare chi mi sta di fronte, non dico. Sbagli, direbbe qualcuno. Ma sono fatto cosi'.
Se invece parlo, parlo, parlo e non mi fermo forse e' perche' la persona che ho di fronte non e' unaqualsiasi, ma qualcuno a cui e' importante chiedere "come va?" e rimanere ad aspettare la sua risposta. Sperando sia positiva.

28 giugno 2011

Perso


(leggi e ascolta)

Kim quella mattina si svegliò solo. Non ricordava come mai si trovava là e ne tantomeno dove era. Un quadro, davanti agli occhi, un letto su cui giaceva e una finestra da cui entrava uno spiraglio di sole. Osservò meglio, non era un ospedale, ma una camera d'albergo con tutte le suppellettili che si possono immaginare. Aveva una grande insicurezza nella testa, dettata da una profonda paura. Non gli era mai capitato prima d'ora una cosa del genere. Si levò dal letto e tolse la tenda per scorgere l'orizzonte. Uno skyline mai visto, uno di quelli che solo nei film più comuni puoi vedere. Lui era li. Si vestì di colpo, ma si sentiva come vuoto. La sua testa per quello che ne capiva, lo era abbastanza. Gli venivano un sacco di pensieri, di azioni non fatte e di parole non dette, ma nulla che lo aveva condotto là . Cominciò ad uscire dalla camera per sentire anche solo un odore, vedere un colore, un dettaglio che lo riportassero ad un ricordo. Non sapeva dove era. Aveva solo impressioni ma non emozioni. Sembrava che quel luogo non gli apparteneva, ma ci era arrivato in qualche modo. Il cuore era pieno di battiti ma se aveva un legame non era lì. Quello se lo ricordava. Uscì fuori, sentì la mancanza di una direzione, ma il suo cuore lo avrebbe portato a casa. Sarebbe stato un lungo ritorno.

16 maggio 2011

La sedia del tramonto




Lo vedevo da giorni ed era sempre la. Il suo cappello, il suo sigaro e il suo pacato cinismo. Uomo distinto e vestito di punto. Sedeva alla solita sedia guardando il tramonto. In silenzio. Fumando lentamente il suo Toscano.
Con il suo viso rilassato, passava un senso di pacatezza e serenità, oltre che un innata sensazione di misantropia. Anche se spesso giungeva solo, per il tempo che rimaneva non lo era mai. Visitatori, curiosi, bambini o altri passeggiatori solitari, si fermavano a parlare con lui. Discorreva tranquillo raccontando storie, favole e altre curiosità che affascinavano le orecchie degli astanti. Alcune volte era solo e il suo viso sereno e limpido completava quel quadro di un tramonto sul mare.
Anche io a volte passavo di li, o perché uscivo da lavoro o durante le mie corsette tardo-pomeridiane. Era un immagine a cui mi ero abituato, anche se mi sono sempre chiesto il perché.
Un giorno passando di li' lo vidi solo, approfittando mi fermai.


- salve - dissi
- a lei - rispose senza voltarsi
- bella giornata oggi?
- non saprei, dipende dal modo in cui la vive - fece con un sorriso
- spero lo sia stato anche per lei?!?
- a tratti. Le giornate sono uguali, l'unica differenza sta nel modo in cui viviamo l'attimo che ci interessa. Da come parla per lei oggi e' stata una buona giornata!
- si, una bella giornata - e' difficile che sbagli. Riesco a capire lo stato d'animo di chi si ferma dal suo respiro. E lei di certo non e' triste. Anzi. Penso anche che sia in ansia a causa di una domanda che vuole pormi.
- ehm...
- può farlo non la mangio mica!
- non voglio essere invadente,ma come mai, lei ogni giorno e' qui? Cosa la spinge a venire a vedere il tramonto, tutti i giorni?
- le posso rispondere con un'altra domanda: come mai lei alcuni giorni passa di qui correndo? Cosa la spinge a farlo?
- Vabbe' ma quello e' un hobby, una passione...
- anche la mia. Inusuale, ma comunque una passione.
- cosa ci trova in essa?
- molta riflessione, le dirò che non e' la prima persona che me lo chiede. E spesso nella vita un po' di riflessione e' obbligatoria. Viviamo d'impulsi.
- ha ragione, ma non pensa che la riflessione possa avvenire in qualsiasi altro luogo?
- me lo sono sempre chiesto, ma non c'e luogo migliore, per me, se non questo! Ed ogni volta lo spettacolo non e' mai lo stesso. Spettatori compresi.
- concordo - gli risposi sorridendo
- ora silenzio, lo spettacolo sta cominciando.

vedemmo il tramonto, in silenzio, con il suo sigaro e il suo pacato cinismo.



(Scusate l'assenza, ma la mancanza di linea e il trasferimento in uno stato estero, non mi ha permesso di pubblicare. Sorry, too)

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