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17 novembre 2011

Storia della censura

Oggi voglio parlarvi della censura in senso storico. Quando è nata?

La censura nacque nel 3000 Avanti Cristo: un tizio, uno di quegli uomini della caverna voleva prendere in giro il suo vicino così disegnò un dipinto rupestre dove lo sfotteva. Il vicino non gradì e censurò a sassate lui e il dipinto.

Poi non si seppe più nulla di quella brutta parola, CENSURA, fino al periodo dei romani. Per denunciare un centurione corrotto, un servo della greba rubò una tavoletta e scrisse - non si sa come ma lui sapeva scrivere - un post del suo blog - se così potevamo chiamarlo - dove denunciava questo centurione. Lì ci pensò il sole a censurarlo, i 40 ° sciolsero irrimediabilmente la tavola, il piccolo sovversivo poteva aspettare ottobre per pubblicare questo suo scritto.

Ormai la censura oggi è usata. Se la Cina è molto diretta, ti chiude il sito, ti lega le mani, di sbatte in carcere, in occidente si adotta la censura ipocrita: se io esprimo un mio pensiero, non si dice che io debba toglierlo perché va contro il modo di pensare di un certo tipo, bensì si usano scuse varie anche quelle puerili. Ecco alcuni dei motivi usati per far tacere certi personaggi.

- Lo paghiamo troppo, tagliamo il contratto
- Non è una persona seria, non diamogli conto
- E' pazzo
- Non si lava le orecchie
- Non si deve fare un uso criminoso della tv
- Ti spostiamo il programma alle 3 del mattino
- C'era già un pezzo opposto, il tuo non va bene
- Certe cose non si possono dire
- Ah no io non pensavo scrivessi davvero
- Oh guarda qualcuno mi ha lasciato una valigetta di soldi con un contratto per lavorare alla Bip
- .. - non ti dicono nulla, ti puntano un "ferro" alla tempia, il resto capiscilo tu -.

Detto questo, sapete cosa vi dico? Vi dico che, ehi cosa fai con quella benda, posmmm, ho detto mmfmmff! Aiummm!!?! mflfmfmflfm??
Mmmmfllfmmffmmmmmmmmfkflfkfmfmmmmmm. Mdlfmflmfmfmfm..

7 marzo 2011

Delay Seven: un post-it dietro la porta...


...un post it dietro la porta mi ricorda sempre qualcosa. Lo lascio sempre vuoto, e' un modo che ho per ricordare, e per cercarmi di togliere questa brutta e ingrata abitudine. Ora, appena sveglio, non penso che riuscirei a ricordare cosa devo fare...magari dopo un buon caffe'. Abitare da solo e' una cosa di cui godi solo se ci sei dentro. Nessuno ti rompe le balle. Ora che ricordo, chissa' perche ho spento la sveglia! Spento: che eufemismo! Piu' che spento, sbattuta a terra con violenza, mi sembra la frase piu' adatta. Intanto che il caffe' esce dalla macchinetta, penso al perche' ho messo quel post-it. Non mi viene in mente nulla. Il caffe' fumante sposta la mia concentrazione. Lo bevo in un sorso. La televisione manda in onda una di quelle canzoni pop che a pochi interessano ma che ti porti in testa per tutto il giorno. Stamane non ho da fare nulla, almeno credo. Chiamero' Giorgia per cazzeggiare in centro, dopo aver trovato il cellulare. So che c'e' ma non so mai dove. Nell'operazione di ricerca trovo un libro che non vedevo da settimane e un avanzo di pizza che ero convinto di aver finito. Butto l'avanzo di cibo e scorgo la causa della mia ricerca. Eccolo nel posto dove dovrebbe sempre essere, in tasca. Peccato che era dei pantaloni di ieri. Chiamo Giorgia.
-Pronto
-Giorgia sono Remo, che stai facendo?
-Ciao Remo, sto studiando!
-...ah bene! Niente, volevo chiederti se venivi a farti un giro in centro!
-Perche' no!
-...ok allora ci vediamo tra un po'!Il tempo di scendere!
-Ok...a dopo
Perfetto, sono contento! Mi devo vestire bene e subito. Decidermi in fretta soprattutto. Metto una maglia, una di quelle colorate che piacciono tanto a lei. Sono impaziente, butto via quel post-it sara' stata qualcosa di stupido, prendo chiavi e cellulare e via, di corsa.
Arrivo passeggiando, pensando a quello che posso dirle per non annoiarla. Lei dice che la diverto, ma non sono mai sicuro di me, soprattutto con lei poi. Arrivo e lei e' gia' li ad aspettarmi, bella anche con un jeans sgualcito e una felpa. Mi chiede se ho fatto colazione, ed io che ogni scusa e' buona, accetto senza pensarci troppo. Arriviamo al bar in centro, sai quello che in quelle giornate di sole, con i tavolini all'aperto, e' sempre molto carino e immancanbilmente pieno. Giorgia vede un tavolo vuoto e andiamo a sederci. Lei prende una spremuta ed io un (altro) caffe'.
Mi dice dell'esame che sta preparando, ed io che mi incanto senza capire tutto quello che mi dice. Qualcosa in quel momento distoglie la mia attenzione da lei e dal suo viso. Un funerale. Ci zittiamo e insieme guardiamo il carro e la piccola folla a seguito. Riconosco qualcuno. Per un attimo non credo a quello che sto vedendo. La mamma di Sebastian in lacrime. Sebastian e' un mio amico, uno di quelli che conosci da una vita...
Scorgo il padre e il fratello con uno sguardo affranto dal dolore... Sebastian e' morto...mi chiedo perche' non ho saputo niente...perche' me ne sono dimenticato.
Un suono assordante mi fa aprire gli occhi.....un sogno....guardo l'ora: sono le sette.
Un post-it e' attaccato dietro la porta...

2 marzo 2011

Delay Five:di bisogno in bisogno


Lorac aveva trovato la donna della sua vita. Era felice. In una maniera assurda, indescrivibile, camminava praticamente con un sorriso stampato in faccia da mattina a sera. Non lo scalfiva niente, nessuna offesa, nessun dolore ne' fisico ne' mentale. Ormai Cahira aveva preso completamente il suo cuore. E tutto questo era palesamente visibile. Estremamente visibile. Lorac era un tipo molto schivo e molto introverso, tendenzialmente malinconico. Ma tutto questo lo aveva cambiato, rendendolo socievole e perennemente sorridente.
Cahira si era innamorata del suo fascino da poeta maledetto e lui della sua fresca bellezza mai troppo edulcorata.
Cahira studiava Scienze Politiche a M., e quel weekend a B. era bastato per conoscere Lorac, anche lui studente, ma di Lettere. Si erano conosciuti ad un concerto e per poi rivedesi i giorni a venire. Purtroppo se il tempo normalmante scorre, quello con passato con qualcuno di speciale va via in un attimo.

Lorac, sorridente come non mai, pensava a quello che poteva mettersi addosso per poter salutare la sua Cahira per darsi appuntamento a M. Mentre passeggiava per casa, ascoltava musica a volume alto, senza pensare a chi stava dormendo e a chi stava studiando. Una camicia sarebbe andata benissimo. Era in largo anticipo, strano per lui, ma non voleva perdersi neanche un secondo con lei. Avrebbe fatto una passeggiata. Bevve un bicchiere di latte e ando' via.
Il sole rischaiarava la giornata e rendeva piacevole tutto. Anche i bambini che con i loro schiamazzi era stati da lui sempre odiati, ora non davano fastidio. Anzi quel framitio di voci lo mettevo ancor di piu' di buon umore. Camminando si fermo' a bere un caffe', in modo da dar piu' senso a quella sigaretta che avrebbe fumato prima di arrivare alla stazione. Fumo'. Con fare deciso comincio' ad allungare il passo per arrivare in anticipo all'appuntamento.
Qualcosa non andava. Cominciava a sentir dolore alla pancia. Perche' proprio ora?Perche'? Giusto: caffe' e sigaretta. Cocktail micidiale. Doveva trovare un bar. O meglio un bar con un bagno. Piu' camminava piu' si sentiva male. Doveva decidersi. Il primo bar . Lo vide e entro'.Il bagno era libero, ed anche se le condizioni non erano le migliori, per come si sentiva, furono sufficienti. Doveva correre se voleva trovarsi in tempo con Cahira. Usci' di corsa biascicando un grazie, e poi via verso la sua meta. Era quasi arrivato, quando un altro attacco lo colpi'. Non ci penso' due volte, entro in un cafe' e chiede del wc. Comincio' a maledire tutto cio' che non aveva maledetto giorni addietro. Quando fu in strada si rese conto che era tardi. Molto tardi.
Arrivo' in stazione, si precipito' sul tabellone delle partenze. Vide sconcertato che Cahira era partita circa 5 minuti prima. Non ci poteva credere. Non voleva crederci.
In quel istante il suo telefono vibro'. Era un sms di Cahira.
"...pensavo di aver trovato una persona speciale....il tuo non esserti presentato mi ha fatto capire che non ti interessa niente.....addio."

1 novembre 2010

breve storia post-halloweeniana (quattro righe ermetiche. amen.)


"fanculo. fanculo questa maschera. fanculo davvero. e fanculo anche a te, che non mi hai detto nulla, e mi conosci da una vita. basta. la voglio buttare via."
parlava con sè stesso, lui, davanti allo specchio. non riusciva a distinguere più la persona autentica da quella artefatta.

24 ottobre 2010

[...] i giorni [...]


Istruzioni per l'uso: Leggere con questo sottofondo musicale - o con quasiasi altro vi piaccia.

[...]le aveva detto tutto, non era riuscito a tener dentro. L'unica cosa fu che lo fece nella maniera piu' teatrale possibile. L'aveva urlato al mondo, almeno al suo di mondo, davanti casa sua. Lei non era uscita, aveva solo ascoltato tutto, senza parole. E mentre le sue amiche sghignazzavano e se la ridevano, lei non proferiva parola, ascoltava soltando. In silenzio.

E quel silenzio era pesante, e lungo. Erano attimi, ma a lei sembavano secoli, solo i suoi pensieri scorrevano inesorabili, senza sosta, come un fiume in piena. Ricordo' di tutte le attenzioni che fino ad allora le aveva donato, anche quelle che meno meritava, anche quelle che non avrebbe mai ricambiato.
Lui sembrava esausto, da troppo tempo aveva portato questo segreto dentro di lui. Doveva togliersi questo fardello. Doveveva liberare il suo cuore, doveva liberarlo davanti a lei. Solo a lei.
Ma non era riuscito a farlo. L'aveva fatto davanti a tutti senza nemmeno guardarla in faccia. Nonostante tutto non era dispiaciuto, si sentiva leggero, e forse non importava quello che lei avrebbe pensato. Perche' in quel momento, in quel momento era libero. In quel momento era lui.
Lei, annuiva, anche se lui non poteva vederla. Chiusa dentro la sua stanza, nel suo silenzio, il suo volto era rigato da una lacrima.
Lei che non aveva mai pianto.

Le sue parole non erano urlate, ma neanche troppo silenziose, erano un sussuro definito e scandito da emozioni. Quando fini' di "sussurare" si accascio' a terra e, senza parole, fissò la sua camera, come se sapesse che lei fosse li.
Lei... non era spaventata, e forse neanche tanto stupita: lo sapeva che sarebbe successo. Prima o poi. Si alzo' e si diresse vicino la finestra, nascosta dalla tenda, e osservo' quell'uomo, cosi' diverso rispetto a quando l'aveva conusciuto lei. Era diverso, dentro e fuori. Fu un attimo. I loro sguardi si incrociarono. Solo per un attimo.
Rimase per ore a guardare quell'uomo che aspettava che la sua Giulietta si affacciasse.

Ma quando, ormai, prese la sua decisione, quando lei usci'- affannata -
lo vide, sì, ma mentre si allontanava, in silenzio come era entrato nella sua vita. A piccoli passi, senza infastidire nessuno.
Lei...voleva urlagli di fermarsi, ma non lo fece. E fu l'ultima volta che lo vide. Ed un'altra lacrima rigo' il suo volto.

8 ottobre 2010

...oppure no? (chiara. molto chiara. quasi abbagliante, a mio avviso...)

"ehi la roma questa domenica non è andata proprio eh...li vedo un po' troppo demotivati. e poi, poi una squadra con quel modulo non so...è inconcludente..."
"...ho conosciuto una tizia"
"grazie per la considerazione eh. stavo parlando. dai non ce la faccio. non sto nella pelle. dimmi come si chiama. non lo vedi come trepido? sono impaziente come un blocco di marmo. e intanto la roma se ne va per la tangente..."
"comunque grazie eh, meglio la roma che carlo. vabbè, me la sto segnando. se ti stessi rivelando il decimo segreto di fatima (a quanti siamo...tre?) tu mi diresti "non posso, c'è la roma!"
"falla finita. sei un escremento di permalosità. e, dimmi, come si chiama la tizia?"
"sei un amico. oltre ad essere uno degli autori del galateo eh. comunque...chiara."
"ma chi...chiara moretti? la nostra compagna che seguiva il corso, un po' di tempo fa, ché lo sappiamo solo noi cosa abbiamo fatto per uscire da quel bucodiculo di università, dai, il corso di marini?"
"no, no, quella altro che chiara, quella è chiara solo di nome! quella è nera come la pece, dentro si intende eh, ché se la vedessi diresti che è un'irlandese"
"ah beh. ascolta, chiara moretti è un certo discorso, anche "abbastanza serio", non so se capisci, secondo me...comunque cos'è 'sta storia della scura dentro? sei un po' patetico lo sai? un po' non ti riconosco carlè..."
"no vabbè, è una vita che mi conosci robè, prima l'università e poi tutta 'sta storia qui del lavoro e poi il blog e tante altre cose, ma sai che c'è di nuovo? c'è che chiara è diversa..."
"lo dicevi pure di quella lì, quella del viaggio, che ci hai sprecato ore e neuroni per colpa sua."
"senti, "quella lì", come la chiami tu, è un frammento che non posso buttare né rinnegare. è...passata. punto. e non ci penso nemmeno più. vabbè sì, un po' il ricordo c'è ma, per dire, il cane non si può sbarazzare della coda, se la porta sempre dietro, no?"
"i pincher non hanno la coda."
"era per dire..."
"lo hai detto in maniera orrenda, ma lo hai detto, questo è vero..."
"vabbè robè. non interrompermi. ti dicevo..."
"si ma questa qui la conosco?"
"no."
"dimmi che fattezze ha, allora."
"oggesummio! fammi parlare. ti ricordo che per quanto era interessante per te mi hai paragonato ad un blocco di granito."
"marmo."
"granito, marmo. non vendo pavimenti, è la stessa cosa."
"non proprio..."
"mi fai parlare???"
e disse a roberto che lei era chiara di nome e di fatto, la pelle aveva "sete di melanina", ma non moriva "disidratata" (roberto non capì molto, stava pensando alla roma, comunque, per la cronaca, chiara era "chiara", ma non troppo). capelli scuri e un paio di occhiali le davano il giusto tono un po' intellettuale, ma non troppo che carlo cercava. era magra, ma non non troppo. potrei descriverla per ore e continuare ad ammorbare con un'improbabile lezione di anatomia su chiara, ma sinceramente non credo sia il caso, lasciamola a carlo, la sua descrizione anatomica, ché la conosce, ha gli occhi a cuoricini (vi ricordate hello spank? uguale a lui) quando la vede (sono uno stronzetto sarcastico, me ne rendo conto, ma in fondo sono un buon amico). mi limiterò a citare indirettamente solo una cosa che devo dire le fa onore: la sua caratteristica era quella di essere fottutamente normale. e questo la rendeva speciale.
alla fine carlo si era stufato di certi tipi come la tipa di cui parlava roberto che erano "un po' l'opposto" di quello che lui veramente voleva. ripeto, non che non ci fosse stato bene. ma, ora, aveva una nuova vita.
comunque, chiara aveva questo bel paio di occhi castani che quando sorrideva le si illuminavano, e questo piaceva a carlo, che si perdeva nei suoi discorsi che reputava interessanti sempre e comunque.
una volta, a me, per esempio, raccontò di aver portato avanti con lei un acceso dibattito sulle padelle antiaderenti. se avessi avuto il porto d'armi gli avrei sparato. o forse mi sarei sparato, e non va bene! non sono discorsi che vanno da qualche parte...quei discorsi lì, sulle padelle, muoiono...stavo raccontando? ah già. i discorsi di chiara, ma non solo quelli lo rapivano, il nostro carletto mi sa che si era proprio innamorato. di nuovo. ma stavolta, stavolta eh, era vero, eh, lo disse anche a roberto. no, vabbè, stavo scherzando. oppure no? (vabbè, ora vado. comunque io, che sono solo un amico di carlo, non impazzisco per chiara. la follia la lascio a lui, sperando che sia una follia "ragionata")

[to be continued? non so quello che capiterà a me tra dieci minuti...quindi...]

16 settembre 2010

il mio mondo è piatto.


"il mio mondo è piatto.

oppressione. questa storia che si ripete ogni giorno e non finisce mai, che lentamente credo che andrà a rovinarsi e che finirà per avere sempre la stessa, la stessa musica.
la compagnia la trovo sempre, c'è sempre la voce di qualcuno, quando io sono lì, e tutti mi ascoltano: eppure questo mio ruolo mi rimane in gola.
vorrei sentire i brividi sulla pelle, invece di darli ad altre persone.
io non capisco, davvero, non capisco cosa ci trovino in me, che sono esattamente così come appaio, ogni parola da me è sempre la stessa già sentita e risentita. qualcuno mi trova persino banale, altri mi definiscono semplice. io, credo che un po'abbiano ragione entrambi.

questo mondo a me mi sta stretto. questo mondo è piatto.
questa terra su cui vivo è un disco.
vorrei tanto uscire, uscire da questo mondo, ma la mia condanna è quella di girare intorno, fino alla fine, per poi ricominciare un'altra volta e un'altra ancora, non so quando, ma ripetere sempre la stessa cosa, fino a cadere (forse) nel dimenticatoio.

perdonate lo sfogo, una volta tanto voglio dire delle parole diverse da quelle che mi hanno detto altri di dire.

(sfogo personale di una ballata scritta, cantata, osannata e indimenticabile, potrebbe essere "knockin' on heaven's door" o qualche altro pezzone del genere) "

carlo aveva scritto questo pezzo sul blog. non credeva che nessuno avesse mai risposto. poi ci fu lei, chiara, che lasciò qualche parola buttata lì e disse "ecco perché a volte ci immedesimiamo nelle canzoni, perché sono uguali a noi, sono molto più umane di quello che pensiamo".
l'unica reazione di carlo, che credeva che quello che aveva scritto fosse una buona cagata, fu "uh." poi ci fu un brivido. e poi un sorriso. di cosa "brillava" chiara? "penso di luce propria" si rispose lui. e questa tizia l'aveva conosciuta, in carne ed ossa, e lei conosceva entrambe le persone: quella "virtuale" e quella "reale". ma non sapeva appartenessero allo stesso corpo. chiara si sentì come meg ryan in "c'è posta per te" quando capì che chi aveva davanti era lo stesso che seguiva con molta, ma non troppa, piacevole curiosità.

(se non hai idea di chi sia carlo o chiara dai un'occhiata qui e qui)

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