Nel calcio si parla tanto di gesti tecnici, atletici, schemi, moduli, convocazioni, acquisti, cessioni, soldi... Ma si parla mai delle emozioni che può provare un giocatore?
Ritorno delle semifinali: andata, 7-5 per noi. Per qualificarci, ci basta non perdere con 3 gol di scarto. Con 2, si va ai rigori.
Prima della partita, l' ansia e la tensione. Vuoi cominciare a giocare, vuoi vedere quel pallone iniziare a rotolare magari dentro la porta avversaria. Vuoi sbloccare subito il risultato e giocare più tranquillo.
Durante la partita, in 10 minuti, subisci due gol. Gli avversari devono recuperare e partono con una marcia in più, anche grazie ai loro tifosi.
Lo scarto è annullato e ti trovi sul 2-0, con la responsabilità immensa di chiudere la tua porta a chiave per evitare l' eliminazione. Ma la porta diventa enorme, i tiri sembrano veloci e ben diretti, tu sei l' ultimo baluardo della tua squadra... Ora l' ansia è sempre maggiore, hai paura. Paura di sbagliare e prendere un gol stupido, davanti all' enorme cornice di pubblico che gli avversari hanno portato, paura di deludere i tuoi compagni e paura di essere la causa psicologica dell' eliminazione.
E puntualmente, quando le partite sembrano stregate, ecco che avviene l' irreparabile. Punizione, intervento sbagliato con i piedi e palla in gol. 3-0, la finale sembra sfumare... Sconforto, delusione, tristezza, rabbia, voglia di sparire... Ti tiene in piedi solo la consapevolezza di aver fatto il primo e unico errore della partita, che su 3 gol, è la squadra che non gira e tu fai parte del sistema sballato. E ti tiene in piedi la fiducia che gli altri hanno di te. E la fiducia che hai tu verso di loro. Sai che possono risolvere la partita e ti riprendi psicologicamente.
E dopo 5 minuti, eccolo li: vai sul 3-1 e ritorni in corsa. Esulti e ti rendi conto che il tuo errore è cancellato. Acquisti fiducia e chiudi la porta. Qualche conclusione insidiosa ma ben sventata dai tuoi piedi o dalle tue mani e una difesa che inizia a prendere le misure ai tuoi avversari. Si, ci siamo, non siamo morti.
Finisce il primo tempo e momentaneamente, ci troviamo in ottica rigori. La tensione non si è ancora sciolta, ma la rabbia agonistica prende il suo posto e aiuta a non sentirne il peso.
Inizia il secondo tempo e la paura di sbagliare è sempre li. Piano piano, vedi i tuoi compagni prendere in mano la difesa e chiudersi bene, concedendo poco agli avversari.
E quel poco che viene concesso, nonostante la tua paura, è sventato con i tuoi interventi decisivi.
E inizia a salire l' euforia. Salvi un gran tiro diretto nell' angolino basso e senti i tuoi compagni urlare: "GRANDE TOTO'!!!". Hai la loro fiducia e questo supera anche il caldo asfissiante, nonostante siano le 23:30.
Piano piano, gli avversari cedono ma non mollano. I tuoi compagni tirano, il portiere avversario para altrettanto bene e il risultato non si schioda. 3-1 e a calcetto, è un risultato piuttosto stretto, considerato che nel secondo tempo è ancora 0-0. Gli avversari cominciano a cedere ma, appunto, non mollano, sono ancora li, a provarci, a tirare, a cercare gli inserimenti vincenti.
Il pubblico li incita con tanto di trombette e più il tempo passa, più i rigori si avvicinano. E più la tua porta diventa gigante e la tua paura di commettere un errore ritorna a farsi viva.
A metà del secondo tempo, ancora 3-1. Il palo evita la capitolazione degli avversari e il portiere compie parate decisive. Tu fai altrettanto, anche se non senti la sicurezza di altre volte e hai paura. Paura di sbagliare e non solo... conosci il calcio, sai che se non segni, segnano loro. E in una situazione come quella, chi segna vince. Negli scacchi, si chiama stallo. Ma a differenza degli scacchi, qui si continua a giocare. Gol loro: tu vai a casa. Gol nostro: vanno a casa loro. Sul filo del rasoio.
E quando meno te lo aspetti, è il campione che ti risolve la partita. Palla lanciata verso il fondo, stop e tiro. Palla all' angolino basso e stallo spaccato. 3-2, hai un piede e mezzo in finale.
Ma manca ancora un pò e gli avversari non hanno intenzione di mollare. Tu lo sai, sai che non devi deconcentrarti perchè il mezzo piede della finale, può tornare indietro. Ma sai anche che la tua squadra c'è, che sei ben protetto e loro sono ben protetti da te.
Però, quando si tenta il tutto per tutto, può succedere di tutto. Senti il terrore che ti attanaglia nel momento in cui la tua barriera sbaglia ad aprirsi e lascia passare un pallone diretto sotto la traversa. Provi l' intervento, ma non puoi nulla perchè la palla è veloce e precisa. Chiudi gli occhi e senti quel "beng" che in un' altra occasione ti farebbe urlare e correre di gioia. La traversa ti salva e il 3-2 è mantenuto. Ma ti sei letteralmente cacato sotto.
La partita continua, gli avversari non crollano. Ci sono fino alla fine, fino all' ultimo secondo dell' ultimo minuto di recupero.
Ma la concentrazione e la difesa reggono.
E quando l' arbitro fischia, vedi quei pochi tifosi correre verso i propri compagni e tu, rimasto li da solo a difendere i pali, colpevole di un solo gol ma decisivo nel salvarne almeno 5 o 6, ti inginocchi a terra e baci quel campo in cui hai lasciato tutto. Senti dentro di te l' emozione di essere arrivato in finale, di avere ancora un motivo valido per essere al mondo e per essere qui, lontano da casa tua. Sei aggrappato a quell' ultima partita, quegli ultimi 50 minuti di un torneo lungo 16 partite (per te che sei in finale...).
E quando ti rialzi, la prima scena che vedi è quella dei tuoi compagni che vengono ad abbracciarti perchè, pur essendo tu li da solo a reggere il peso di una responsabilità enorme, tu fai parte di una squadra e se quei 5, 6, 7 palloni non sono entrati, sai benissimo che è anche e soprattutto merito tuo. Tu sei in finale perchè te lo sei meritato. E i tuoi compagni di squadra lo sanno benissimo.
E dopo di loro, arrivano i pochi tifosi della tua squadra a darti il 5 (evitano gli abbracci, tu sei sudato a mollo...) e dopo di loro, gli avversari. La scena più bella che vivi è quella degli abbracci e dei complimenti finali.
In campo, nemici acerrimi. Niente sconti, non si ritira la gamba, si gioca decisi.
Fuori dal campo, ci si stringe la mano, si sorride e ci si fanno i complimenti reciproci.
Complimenti più che meritati, dato che se ti sei sentito in ansia per tutta la partita, è perchè avevi davanti gente che voleva "farti lo sgambetto" e stavano per riuscirci. Anzi, paradossalmente ci sono riusciti, dato che siamo usciti sconfitti.
Così come sono meritati quelli che ricevi, quando sai di aver salvato il risultato.
Alla fine, ti butti su una panchina in attesa che i tuoi compagni si facciano la doccia. Sorridi, cerchi di smaltire la tensione, scherzi, saluti gli avversari che passano facendo notare loro quanto ti sei cacato sotto di uscire fuori... Non pensi nemmeno: "abbiamo perso", perchè comunque non conta. Hai perso ma sei in finale.
E non vedi l' ora che venga venerdì. Non vedi l' ora che arrivi quella maledetta finale e pur sapendo che probabilmente perderai (giochi contro una squadra DAVVERO forte, solo una sconfitta in tutto il torneo e per giunta in semifinale, con un solo gol), ti senti contento perchè sei arrivato li.
E ci sei arrivato perchè te lo sei meritato.
7 luglio 2010
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