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19 settembre 2010

bussando alle porte dell'heaven's door (un "capolavoretto")


chiara non sapeva che carlo lo incontrava tutti i giorni, lì, in quel posto dove lei lavorava, e per dieci euro delle volte riusciva a trovare "capolavoretti" della musica di altri tempi. lei lavorava all'heaven's door, (come un pezzo della canzone di bob dylan e quale nome migliore per un negozio di dischi). e così carlo, "bussava" a giorni alterni lì. e la signorina del bancone non era solo la signorina del bancone ma era la sua musa e il blog aveva incominciato a scriverlo proprio perché non aveva il peso di una rosa, ché la roba che ci scriveva era impalpabile, ma comunque era un modo per farle capire che lei, cazzo, lei c'era dentro in ogni parola.
e in effetti questa curiosità un po' adolescenziale di conoscere questo tizio che si firmava solamente C. lei ce l'aveva. non gli dava un volto, c'era solo una silohuette, sul blog (hitchcockiano, vero?) e mai avrebbe pensato che quel tizio che per caso era entrato un giorno chiedendo un disco dei dramarama ci entrava dentro quella silohuette e tirava via la a, poi la r, l, la o e aggiungeva un punto davanti a quella C.
il guaio è che carlo, quando scriveva sul blog, la personalità che lui parcheggiava su internet nella vita reale, no, nella vita reale proprio non ci riusciva a portarla fuori.
avrebbe dato il mondo via, se ne fosse stato il leggittimo proprietario, per rimangiare e digerire la personalità che vomitava sulle quelle fredde e impalpabili pagine elettroniche. l'affaire oscuro era che lui era un emotivo. non di quelli che si tagliava e che diceva "ommioddiochemondodimerdalasofferenzaèpartedime". semplicemente uno che aveva il groppo in gola quando parlava di lei e con lei. ancor prima che la conoscesse. ancor prima che avesse un volto. lei era tutto quello che carlo aveva domandato a non so chi o cosa come persona da avere al suo fianco, perché sì, se la sarebbe presa subito, chiara, e non l'avrebbe lasciata andare più.

tutto qui.

[una cosa, il disco che aveva comprato carlo, giusto per essere precisi, era "cinemé verité", ché aveva sentito questa e gli era proprio piaciuta]

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