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21 gennaio 2011

Credo di dover iniziare dall'inizio. Eureka.

Distesi cercavano una soluzione.Era una giornata di novembre, cupa, fredda, come al solito. Le nuvole facevano del cieloun vecchio materasso. Sporco, consumato, di quelli che la mattina ti fanno svegliare con ilmal di schiena.Simile al materasso sul quale erano distesi loro. Loro erano due pseudobenpensanti, ragionativi e non razionali, romantici e poco sentimentali, cinici e speranzosi. Si chiedevano il perchè. In quella stanza, occupata da un letto, un piccolo comodino colorato, uno stereo e un curioso lampadario, veniva a galla la complessità del mondo. Tutto è più semplice in due. Anche la complessità. La compassione. Forse era quella a tenere così uniti i due. Due è un numero semplice, ma il più difficile da ottenere. Era su questo che si interrogavano. I pensieri erano l'unica cosa che riempiva davvero quella stanza. Rendevano l'aria così densa che il cielo fuori sembrava essere entrato nella camera e confuso con il soffitto. Erano soli in casa. Il silenzio era rotto solo dalle loro parole e dal suono di una dolce ballata. Il rock melodico concilia il pensiero. Sembrava di vedere le parole scritte nell'aria. Forse perchè scrivere era più congeniale a entrambi. Avrebbero potuto parlare per ore, giorni, mesi. Milioni di parole sarebbero rimaste impresse su quelle pareti. Sconnesse, simboliche e significative. Ma, nessuno dei due, in così tante risposte, avrebbe trovato quella alla propria domanda. Che poi era la stessa per entrambi. Forse ne erano consapevoli, ma l'atmosfera di quella casa, così vuota e profondamente piena, li confondeva. Li drogava, talvolta se ne rendevano conto. Ma l'oppio di quelle mura era così rasserenante che si chiedevano perchè non avrebbero dovuto goderne. E così fecero. Rimasero lì per giorni. Due pacchi di sigarette e un po' d'acqua. Non avevano bisogno di altro. Si cibavano delle loro parole. Uno di quelle dell'altro. Eppure, nessuna parola poteva saziarli. I due bohemiene fuori dal tempo combattevano contro quello che non c'era: una soluzione. Ci sarebbe voluta una rivoluzione linguistica per esprimere il perchè che cercavano. Il perchè del loro insieme. Il perchè la matematica sia un'opinione. Il perchè il due, a volte, significhi uno solo. Poi l'illuminazione. L'aria iniziò a diradarsi. La ballata era finita e le parole si erano improvvisamente bloccate. Un'alba. Una rinascita. Un abbraccio. Si addormentarono.

11 commenti:

  1. "Si cibavano delle loro parole"...groppo in gola. Devo ammetterlo.

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  2. Non avrei potuto ricevere commento più bello. Questo è stato il mio primo scritto in assoluto. Era davvero carico di emozioni. Ero davvero carica di emozioni.

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  3. Ogni tanto mi diverto anch'io a scrivere qualcosa (intendo racconti), ma questo accade quando accadono cose importanti, davvero importanti, nella mia vita. Scrivere è l'antidoto al boccone che non scende che a sua volta è la conseguenza di tanti fatterelli che succedono intorno a te. In quei momenti potresti inghiottire le emozioni e mandarle giù e aspettare che facciano il loro corso nell'intestino (e a volte causano mal di pancia) o tirarle via, facendole salire, se non ce la fai a tenerle dentro. E allora cosa si fa? Le si scrive su un pezzo di carta (o su un impalpabile flusso di bit). Ché, credimi, spesso non esiste soluzione migliore.

    Tutto questo per concludere che, sì, i tuoi post mi piacciono perché sono vissuti, ed è giusto che sia così. Clap clap.

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  4. Sì. Non potevo fare altro che vomitarmi. Mi manca spesso quell'intensità.
    Ti ringrazio.
    Ma, tu sei il fra con cui ho scambiato le mail? :)

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  5. Oh, poi se vi avanzano racconti sapete dove recapitarli, eh?
    Rosibetti, Cesco sa.

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  6. http://www.iracconti.org/

    detto, fatto!

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