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27 gennaio 2011

Ordine e Banalità.

"La verità, dica la verità e nient'altro che la verità", mi guardava con aria minacciosa quel dannato sbirro. Intanto, quella maledetta lampada puntata addosso mi faceva sudare terribilmente. Mi sembrava quasi di essere il cattivo di una noiosa serie televisiva americana. Una di quelle su quanto le forze dell'ordine siano acute. Una di quelle che detestavo. Le odiavo, diamine. Non avevo alcuna voglia di farne parte. Secondo il copione, avrei dovuto avvalermi della facoltà di non rispondere. Ma era così banale. E, in realtà, non avevo, poi, nulla da perdere.
Il piedipiatti senza divisa nè distintivo mi fissava in attesa della mia risposta.
" A che diavolo dovrei rispondere?", pensai. Non mi era stata fatta nessuna domanda. O forse, non l'avevo sentita. Capita di essere sovrappensiero. E poi, ero spesso assente negli ultimi giorni. Qualche anno dopo, grazie alla psicanalisi, scoprii di aver subito un trauma. Non so come quella specie di Freud fosse arrivati a capirlo facendomi vedere delle macchie che sembravano tutte pipistrelli. Ero pessimista, probabilmente. Avrei potuto paragonarle a delle farfalle. Ma questa è un'altra storia. Ora ero lì, con un idiota dalla cravatta allentata che mi fissava.
Pensai che anche questi dovrebbero essere considerati abusi di potere. Dio. Era una tortura. Iniziai a parlare, non so di che e non so di cosa. La domanda non la conoscevo, ma gli anni passati a scuola mi avevano insegnato come comportarmi in queste situazioni. E lui non sembrava troppo perspicace per comprendere che stessi rispondendo senza rispondere. O la fortuna volle che dissi ciò che voleva sentire. Questo non potrò mai saperlo.
Mentre gli descrivevo la mia ultima settimana di vita - era così che in genere accadeva nei film - lui mi bloccò e mi chiese: " Dov'era la notte del 19 dicembre?" Dio. L'uomo più scontato dell'universo doveva interrogare proprio me che provavo ribrezzo per la banalità? Ma ero lì, e per evitare ulteriori guai, risposi.
"Ero a casa. Bevevamo birra, cantando canzoni pop".
E con pop intendevo proprio "popolari". Ma non volevo sembrare una comunista. Magari mi avrebbero malmenata a prescindere. Non mi andava proprio. Non ero lì. Non ero lì. Non volevo impegnarmi. Continuai il mio racconto. Avevo percepito chiaramente il suo sguardo d'attesa. Che poi, anche senza utilizzare il mio intuito - immenso fra l'altro - , chiunque se lo sarebbe aspettato.
"Eravamo in quattro e nonostante il nostro melodioso canto, sentimmo degli strani rumori provenienti dal piano di sopra. Ma nessuno di noi ci fece caso. Il piano di sopra era una continua fonte di rumore. Non ci siamo interessati. Non so più nulla".
Non mi sembrò troppo convinto.
Prese una sigaretta dal taschino della camicia e l'accese. Non riuscivo a capacitarmi di quanto fosse banale quell'uomo. In realtà, non me ne capacito tutt'ora."Non so che dirle di più", gli dissi. Buttava la cenere sul pavimento, l'incivile. In fondo, era il popolo a pagare perchè qualcuno pulisse i loro bagni, le loro macchine, i loro stupidi e bui commissariati.
"Va bene - mi disse - è un osso duro. Tipico dei comunisti come lei".
"Ecco. Lo sapevo. Ora mi mena.", pensai. Non lo fece. Troppe persone, troppi testimoni probabilmente. Assurdo come certi uomini non vedano più gente a circondarli. Vedevano solo occhi, gli infami. "Non le permetto di rivolgersi così nei miei confronti. Non è corretto ed è totalmente fuori luogo, diamine. Non so nulla. Non so nulla. Vuole che inventi? Ne sono più che capace".
Mi aveva innervosita. Quando non sono io ad attaccare, non concepisco certi comportamenti.
"Signorina, - mi disse - è inutile che si nasconda dietro quel viso infantile. I bambini non sono più innocenti come una volta".
Avrei voluto alzargli le mani. Avrei voluto strangolarlo con quella sua orribile cravatta a scacchi. A scacchi. Gli scacchi non sono mai andati di moda, maledizione. Ma come gli era venuto in mente? Stupido, banale e dai gusti tremendi. "Pregherò per sua moglie", pensai, mettendo da parte il mio scarso attaccamento alla religione.
"Guardi, la ringrazio per avermi detto che sembro più giovane, ma la situazione non cambia. Non so. Non so davvero che dirle, mi spiace. E sono abbastanza comunista da dire ciò che penso.", risposi.
"Lo vede? E' una comunista. Di sicuro sarà immischiata in qualche strana rete terroristica.", mi disse."Ma scusi, non per essere pignola, ma cosa c'entra tutto ciò con quanto è accaduto al piano di sopra?"
"Prenderò due piccioni con una fava.", ridacchiò. No. I proverbi no, porca miseria. C'è un limite alla mia sopportazione."Non ho altro da dichiarare". Ecco. Mi aveva intrappolata nel suo tunnel di luoghi comuni.
Maledetta televisione. Maledetti americani.
Aprii la porta e me ne andai.

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